Nel Giorno della memoria il ricordo di tanta sofferenza aiuta a riflettere sul male
Il 27 gennaio è il Giorno della memoria. Come ogni anno tutto il mondo si appresta a commemorare il dramma dell’Olocausto e della Shoah, ovvero quei terribili momenti della storia moderna che permisero la creazione del termine “genocidio”, il cui significato genera solo sgomento poiché con esso si intende racchiudere tutti “gli atti commessi con l’intenzione di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso”.
Molti si chiedono del perché bisogna ‘sempre’ ricordare questi drammi, che sono delle vere e proprie vergogne di cui si è macchiata l’umanità intera e che sarebbe stato meglio dimenticare per sempre. La risposta è semplicissima, tanto male non dovrebbe più accadere come già è accaduto in un passato così vicino e nella “civile” Europa, dove milioni di persone hanno permesso che tutto accadesse. Non bisogna cancellare mai quello che avvenne, il ricordo serve a capire che tutto è stato uno sbaglio e mai più dovrà ripetersi.
Tanta indifferenza al male, l’accanimento nel prossimo, la barbarie ingiustificata, la ferocia brutale sono esistite nello stesso momento in cui accadevano e purtroppo continuano ancora oggi ad esistere sotto diverse forme. La Shoah ci insegna cosa genera il razzismo: solo il male. E anche se il suo ricordo brucia ancora, non è abbastanza per mettere un punto fermo sulla malvagità dell’uomo. La Giornata della memoria, dedicata non solo alle vittime ebree della Shoah, ma a tutti 15 milioni di vittime dell’Olocausto, rinchiusi e uccisi nei campi di concentramento prima e durante la Seconda Guerra mondiale, serve per farci riflettere su quello che succede quotidianamente, anche se non ce ne rendiamo conto: ogni giorno esistono tante piccole discriminazioni verso chi consideriamo “altro”. La Giornata della Memoria ci ricorda che non dobbiamo rimanere indifferenti e inermi alle azioni che invece dovrebbero essere condannate. Per evitare che una tragedia come quella dell’Olocausto si ripeta, occorre ricordare e soprattutto capire. Bisogna riflettere, per questo a Milano, nel Binario 21, il famoso Memoriale che la città ha dedicato alla Shoah, è stato destinato un ampio spazio al Luogo di Riflessione, un ambiente per favorire il raccoglimento dei visitatori.
“Il Luogo di Riflessione incarna la necessità di ricordare la tragedia dello sterminio e l’importanza di rielaborarla internamente, per farla propria e trasmetterla così alle generazioni future”.
Non solo ebrei.
Spesso l’Olocausto viene collegato allo sterminio ebreo per mano nazista, detto appunto Shoah. Ma i numeri dicono che non furono i soli a subire la triste fine. Durante il periodo che va dal 30 Gennaio 1933, quando Hitler divenne Cancelliere della Germania, all’8 Maggio 1945 quando finì la guerra in Europa, morirono per mano nazista circa 15 milioni di persone. Di questi il numero più grande fu rappresentato dagli ebrei, circa 5-6 milioni, il resto erano: zingari, serbi, membri dell’intellighenzia polacca, oppositori della resistenza di tutte le nazionalità, tedeschi oppositori del nazismo, omosessuali, testimoni di Geova, delinquenti abituali, slavi, malati di mente, disabili e “asociali”, come, ad esempio, mendicanti, vagabondi e venditori ambulanti.
Perché il 27 gennaio
Il 27 gennaio del 1945 i carri armati dell’esercito sovietico sfondano i cancelli del campo di concentramento di Auschwitz in Polonia. Fu così che oltre la scritta «Arbeit macht frei» (Il lavoro rende liberi), scoprirono il male dell’umanità. E tutto il mondo scoprì quello che succedeva attraversando quei cancelli.
Da quel giorno, Auschwitz è diventato il luogo simbolo della discriminazione e delle sofferenze di chi era considerato nemico solo perché di altra razza, altro orientamento sessuale, idee politiche diverse. Il Giorno della memoria è stato istituito nel 2005 durante l’Assemblea generale delle Nazioni Unite, per la celebrazione del sessantesimo anniversario della liberazione dei campi di concentramento nazisti e la fine dell’Olocausto.
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foto: Ansa