Nel ricordo dei caduti l’appello alla pace tra i popoli e le nazioni
Una ricorrenza speciale Solenne. Gioiosa. Fiera. Orgogliosa. E forse, tanto altro ancora. Solenne, come sanno essere le ricorrenze nazionali del 4 novembre, celebrazione della giornata dell’unità nazionale e delle forze armate. Gioiosa, per la straordinaria partecipazione di popolo italiano a cui hanno reso omaggio, con la loro presenza, le più alte autorità della città, della repubblica e del cantone di Ginevra. Una fiumana di uomini e donne, persino vestite con gli abiti migliori, come si usava una volta nelle occasioni importanti di ognuno di noi. Tutti e tutte con un fiore, un distintivo, un simbolo da mostrare perché fosse chiara la presenza, la provenienza, la partecipazione umana e civile.
Fiera, come può essere questa umanità italiana le cui vicende fanno parte della storia più bella della nostra repubblica. Onestà , passione, partecipazione, attaccamento agli antichi valori della nostra terra. Orgogliosa, per aver attraversato le alpi portando seco i valori con i quali si sono fatti apprezzare per aver contribuito al progresso – sociale, civile e umano – dei paesi ove furono accolti in un tempo difficile, talvolta drammatico , della loro vita. Io c’ero. Partito nel primo mattino, da Zurigo, per raggiungere a tempo il luogo della manifestazione, ho avuto, come sempre, il tempo per riflettere sui mille e più doveri che incombono ad un eletto del popolo quando, abitudine che si sta smarrendo, vuol assolvere pienamente al proprio dovere.
La giornata , grigia e fredda, annuncia l’imminente incombere di un precoce inverno che già scopri sbirciando dal finestrino e guardando all’insù verso le vette bernesi e vodesi già ammantate dalla prima coltre bianca. Persino il Lemano ti sembra triste e solo, accompagnato com’è dalla bianca schiuma ondeggiante tra le acque turchine del lago amico. Mesto e pensieroso sul perché non ode i chiacchiericci dei barcaioli intenti a stendere le bianche vele, il loro sussurro di gioia nell’andare all’abbraccio del vento. Uno sguardo. Un pensiero. È Ginevra la bella, come direbbero i nizzardi per la loro città, intonando i canti ogni qual volta si arrestano ad ammirare quello splendore di urbe distesa tra il mare e la maestosità delle alpi a farle da corona a gloria.
Approssimandomi al luogo della ricorrenza, scorgo e ammiro i costumi verdi, rossi e neri dei componenti la fanfara di Carouge, presenti, da sempre, ad ogni importante avvenimento del cantone ginevrino. Riconosco i gonfaloni delle Associazioni Nazionali Combattenti e Reduci Italiani, del gruppo Alpini di Ginevra, della SAIG, delle associazioni regionali e provinciali presenti a Ginevra, talmente tante dal non poterle elencare. E il popolo nostro che entra alla Cappella di St. George per assistere alla messa solenne. Persino chi racconta la ricorrenza non può nascondere una viva commozione per la solennità dell’evento. I canti. La partecipazione. Il luogo: la splendida cappella, le cui vetrate risplendono al primo raggio di sole, apparso come in un sogno a rischiarare il grigiore del cinereo mattino.
E al termine, la sfilata a deporre la corona di alloro al Monumento dei nostri caduti. I discorsi ufficiali delle rappresentanze istituzionali e civili. Ho conosciuto tante persone. Anziani e no. Giovani della terza e quarta generazione di Italiani. Molti di loro sono oramai cittadini ginevrini con dentro l’orgoglio delle origini. Li saluto al termine del pranzo, organizzato alla mensa della scuola di Bossons – Onex. Guardando a loro non posso che pensare a ciò che mi aspetta. Ritorna una certezza: per questo popolo vale ancora la pena di continuare l’impegno per una Italia progredita e migliore.