Per Assad i ribelli sono terroristi, per Morsi rivoluzionari
Giochi pericolosi in Siria, ma giochi sempre più aperti, che mostrano che la guerra civile non è solo siriana ma regionale. Ad uscire allo scoperto, dopo sanguinosi scontri in varie città siriane (sanguinosi dall’una e dall’altra parte, con attentati dei ribelli e reazioni aeree dei soldati, è stato lo stesso Bashar Assad che, in un’intervista ad una tv di regime, ha detto che in Siria “non è in atto una rivoluzione, né una “Primavera”, è solo terrorismo” e che “ci vorrà del tempo ma alla fine vinceremo”. Assad parla dei fuggitivi e dice che lo hanno fatto “forse per ragioni di danaro o perché minacciato dai terroristi”. Tra i cospiratori internazionali, il presidente-dittatore annovera prima di tutto la Turchia, che sta cercando di indebolire la Siria di fronte a Israele e all’Occidente, poi la Francia e gli Usa, ma, dice, non ce la faranno. Quanto all’idea, lanciata dalla Turchia, di un corridoio umanitario (“una zona cuscinetto”) e sostenuta dalla Francia con la richiesta di una no-fly-zone, Assad l’ha liquidata dicendo che “non è realistica”. I tempi scelti non sono casuali. L’intervista è apparsa il giorno prima della riunione dell’Assemblea Onu dei non allineati, che si è riunita a Teheran e alla quale ha partecipato il neopresidente egiziano Mohammed Morsi. Quest’ultimo era atteso perché è stato il suo battesimo sulla scena internazionale (dopo l’incontro di qualche giorno prima a Pechino con il premier cinese) e perché tutti erano curiosi di sapere come se la sarebbe cavata, cioè con quale linea si sarebbe presentato di fronte ad una platea così importante.
Precisiamo subito che Assad all’Assemblea dei non allineati non ha partecipato. Il motivo è che non è stato invitato dall’Iran, che pure è un suo alleato e difensore. Ufficialmente per ragioni “di opportunità”, ma sotto questa espressione si possono celare tre spiegazioni. Quella di non esporlo ad eventuali attacchi di fronte ad una platea così importante; quella di non permettere ai rivoltosi di approfittare della partenza del presidente per Teheran per incrementare gli attacchi e gli attentati, magari all’aereo presidenziale; quella, infine, di una presa di distanza dell’Iran dalla Siria per rientrare nei giochi internazionali.
Siamo abituati alla politica dilatoria dell’Iran: ogni diversivo è buono pur di guadagnare tempo. Questo motivo potrebbe non essere quello vero ma un modo per sviare l’attenzione. Quello dell’attacco dei rivoltosi ci sembra troppo poco. Resta l’altro, i motivi di opportunità: in caso di contestazione generale, Assad si sarebbe indebolito agli occhi dell’opinione pubblica internazionale e sarebbe stato screditato anche di fronte all’opinione pubblica interna siriana. Dunque, un non invito concordato. Ciò chiarito, torniamo al presidente egiziano che doveva muoversi sul filo del rasoio ed è quello che ha fatto.
Morsi ha attaccato Assad ed elogiato la rivoluzione siriana “figlia della Primavera araba”, “una rivoluzione contro un regime oppressivo” che “ha perso ogni legittimità”. Un presidente egiziano non metteva piede a Teheran dal 1979, perciò andare a dare quei giudizi è stato un atto di coraggio, perché l’Iran sciita è schierato con Damasco alauita, che è la copia degli sciiti in Iran. Doveva evitare di essere così duro? In realtà, Morsi non parlava solo alla Siria o all’Iran o a Israele, ma parlava soprattutto agli Usa, che, in fondo, lo hanno sponsorizzato e da cui sperano di trarre benefici come a suo tempo avevano fatto con Mubarack e, in Iraq, con Saddam Hussein. Morsi si è barcamenato tra le due opposte sponde facendo la proposta di un “Gruppo di contatto” formato da quattro potenze: Egitto, Turchia, Arabia Saudita e Iran. Difficile dire quanta strada ha questa proposta, lo capiremo meglio nelle prossime settimane, ma dando un colpo al cerchio e uno alla botte, ha dato prova di volersi ritagliare un ruolo nella regione e nello stesso tempo accreditarsi come interlocutore affidabile presso le cancellerie dei Paesi che contano. Però è innegabile che la maggior parte dei rivoltosi siano della Fratellanza musulmana, il partito di Morsi, nemico degli sciiti e degli alauiti. Il che rende chiara la situazione e gl’interessi in gioco.
Nel frattempo, la guida suprema Kamenei ha ribadito i diritti dell’Iran a dotarsi di centrali nucleari a scopo civile, anche se negli ultimi tempi nel solo sito di Fordow ha raddoppiato da 1000 a 2000 le centrifughe, attirandosi l’invito del portavoce della Casa Bianca che ha detto: “La finestra delle opportunità per risolvere il tema (nucleare) è aperta, ma non lo resterà a tempo indefinito”, alludendo a Israele che scalpita per intervenire e che per ora deve aspettare che la campagna elettorale americana sia finita per non compromettere la rielezione di Obama.