I senatori, per risparmiare venti milioni di euro, avevano votato l’abolizione della Camera Alta, ma un referendum ha bocciato la legge, seppure per soli 40 mila voti
Da almeno 25 anni in Italia si discute della “grande riforma” ma non viene mai realizzata. Le riforme costituzionali sono state messe in moto da questo governo che si è dato la scadenza di un anno e mezzo per cambiare la Costituzione. Vedremo tra un anno e mezzo, ad esempio, se il premier avrà più poteri, se il numero di deputati e senatori sarà ridotto, se il Senato non sarà più un doppione della Camera. Nel 2005 fu approvata una legge costituzionale che conteneva tutto questo, deputati e senatori diedero il via ad una cura dimagrante di camera e Senato, ma sorprendentemente un referendum popolare la bocciò, dimostrando per una volta che chi fece la legge era più progressista del popolo e di chi l’abolì
Questa premessa per dire che anche in Irlanda il popolo ha votato per il mantenimento del Senato con un referendum popolare che smentisce – udite, udite – quello che già i senatori avevano deciso. Ad approvare la sparizione del senato, dunque, in Irlanda sono stati i senatori stessi, poi è venuto il popolo a dire no, che il Senato deve restare. Insomma, i 60 membri del Senato hanno votato la loro decadenza e il dissolvimento dell’istituzione stessa. Motivo? Costava troppo, venti milioni all’anno che potranno essere utilizzati differentemente. Vi immaginate i senatori in Italia che votano l’abolizione del Senato? La risposta è chiara: non se lo immagina nessuno. Mai i senatori italiani voterebbero per essere mandati tutti a casa. In Irlanda è successo, ma il popolo, seppure di stretta misura, 51,8 contro 48,2, ha detto no. Il Senato, dunque, resta per solo 40 mila voti.
C’è da dire, ad onore del vero, che il Senato in Irlanda non ha le stesse funzioni degli altri Senati sparsi nel mondo. L’unico potere che ha, infatti, è quello di rinviare una legge alla Camera Bassa per un periodo di al massimo tre mesi affinché venga riesaminata, senza però alcun potere di bocciarla. Questo potere è stato usato due volte in 75 anni.
C’è da aggiungere che i membri del Senato in Irlanda non sono elettivi come accade negli altri Paesi, sono nominati da senatori uscenti, da deputati e rappresentanti locali, dal premier e dalle Università. Sono un po’ il contentino dei trombati alle elezioni oppure di coloro sacrificati a poltrone più prestigiose. Hanno, inoltre, poteri minori rispetto sia al quelli che hanno negli altri Paesi, e sia anche rispetto alla Camera Bassa. Il capo del governo, il centrista Enda Kenny ha dichiarato che i venti milioni di risparmio avrebbero potuto essere spesi meglio. Ci hanno tentato.
Se l’Irlanda non ci è riuscita, ci sono riuscite, invece, sia la Svezia che la Danimarca, passate al monocameralismo. La scelta è stata coraggiosa e offre uno spaccato della serietà e del rigore amministrativo di Paesi maturi e con una lunghissima tradizione di buon governo.