La vicenda in cui fu coinvolto anche don Giorgio Govoni, morto di crepacuore un anno prima dell’assoluzione, ha distrutto un’intera famiglia
E’ morto per una crisi cardiaca nei giorni scorsi Delfino Covezzi, operaio 56 anni che, 15 anni fa, insieme alla moglie Lorena Morselli, è stato al centro di un’accusa infamante: aver abusato dei loro quattro figli. Ecco il racconto di Lorena Morselli: “Delfino aveva tanta voglia di vivere, ma il suo cuore non ha retto al dolore. Lui è solo l’ennesima vittima della tragedia che ci ha colpito 15 anni fa e che, nonostante l’assoluzione, continua a farci del male”.
Ecco come si svolsero i fatti. La vicenda iniziò alla fine degli anni 90, quando, racconta Lorena Morselli, “un bambino affidato ai servizi sociali per la sua condizione economica disagiata, durante i colloqui con una nuova psicologa fece un’allucinante denuncia: parlò di cimiteri, di diavoli, di preti, di gente che scoperchiava le tombe. Il bambino raccontò che a Massa Finalese (Modena) vivevano degli adoranti del diavolo, che di notte facevano messe nere”.
Le indagini portarono alla luce, almeno così sembrava, una situazione raccapricciante: non si parlava d’altro che di messe nere, di abusi su minori e addirittura di omicidi di bambini. A suffragare questi fatti fu un numero crescente di testimoni. Perfino un sacerdote, don Giorgio Govoni, fu coinvolto nella vicenda e accusato di satanismo. Qualcuno disse anche che questo sacerdote, che prima di diventare prete aveva fatto il camionista, facesse il pieno di bambini nella ex Iugoslavia per servirsene nei riti satanici. Don Giorgio fu arrestato e, malgrado si dichiarasse innocente, fu processato. Il tribunale lo assolse ma lui morì di crepacuore un anno prima della sentenza che lo scagionava da tutte le accuse.
Prosegue Lorena Morselli: “Io e mio marito Delfino finimmo in questa vicenda perché il figlio di un mio parente era tra i bambini che furono interrogati. Non so esattamente come andarono le cose, fatto sta che una mattina, alle 5.30, piombarono a casa mia sette agenti della polizia, che portarono me, mio marito e i miei quattro figli in commissariato. A quel punto capimmo: ci stavano accusando di aver maltrattato e abusato dei nostri figli, che, in quel momento, piangevano ed erano terrorizzati. Io guardavo e cercavo di rimanere tranquilla, di non cedere alle emozioni. Ma non riuscii a proteggerli: quel giorno ce li portarono via, per sempre. Per me e Delfino fu un trauma spaventoso: ci avevano privati dei nostri figli e accusati di cose che faccio persino fatica a raccontare. Il mondo ci crollò addosso all’improvviso. Noi non sapevamo che cosa fare e ci affidammo agli avvocati. L’unico momento di sollievo in quei terribili anni fu, nel 1999, la gioia di aspettare un altro bambino. Ma eravamo in un tale ciclone che presi una decisione della quale non mi sono mai pentita: decisi di scappare in Francia e far nascere lì il bambino che portavo in grembo, per paura che in Italia me lo portassero via. Da allora vivo a Salernes, in Provenza, con Stefano, che ha 13 anni. Mio marito Delfino, invece, decise di rimanere a Modena”.
Come andò il processo? In primo grado Lorena e Delfino furono condannati a 12 anni e in appello furono assolti. Dopo qualche anno ancora furono definitivamente scagionati in Cassazione perché “il fatto non sussiste”. “Nel frattempo”, dice Lorena Morselli, “il nostro pensiero andava sempre ai nostri figli, che erano stati affidati a nuove famiglie. Tutte le notti ci chiedevamo dove fossero, che cosa potessero pensare dei loro genitori. Sappiamo che alle domande degli assistenti sociali rispondevano citando fatti terribili, mai avvenuti. So che i miei figli non sono bugiardi e che sono le vittime più grandi di tutta questa vicenda, perché sono stati plagiati. I medici ce l’hanno spiegato: quando i bambini subiscono un trauma così forte e improvviso come quello del distacco dai loro genitori, per non morire di dolore si attaccano a chi sta loro intorno e iniziano a costruire, nella loro testa, episodi che non sono mai esistiti. Il racconto di qualcuno, anche falso, nella mente delle persone più deboli può sostituirsi alla realtà”.
Risultato di tutta questa macchinazione: un padre è morto di dolore dopo 15 anni di sofferenze, un sacerdote è morto di crepacuore, quattro bambini strappati ai loro genitori e affidati ad altre famiglie, le accuse si sono evaporate. La giustizia è arrivata dopo 15 anni, dopo aver seminato di sofferenze e di lutti il suo lento cammino.