Eliminati i vincoli sugli orari d’apertura delle stazioni di servizio – Approvata mozione per armonizzare gli orari dei negozi di commercio al dettaglio
In futuro i benzinai potranno offrire tutto l’assortimento dall’una alle cinque della notte. Il Consiglio degli stati ha approvato con 26 voti a 17 un adeguato cambio della legge sul lavoro, seguendo la decisione del Nazionale. Unica divergenza tra le due camere è se l’allentamento degli orari nelle stazioni di servizio debba valere anche per le stazioni di servizio dei grandi agglomerati e non soltanto per quelle situate sugli assi stradali “fortemente frequentati dai viaggiatori”. Il dossier torna al Nazionale. La liberalizzazione degli orari, che è stata elaborata su un’iniziativa del consigliere nazionale Christian Lüscher (PLR), permetterebbe alle stazioni di servizio di offrire in ogni momento non solo benzina, panini e caffè ai viaggiatori ma tutti i prodotti. Secondo il presidente dell’Associazione esercenti stazioni di servizio, Walter Eberle “per gestire con successo una stazione di servizio dobbiamo offrire orari d’apertura a misura del cliente”. Nel dibattito agli Stati una minoranza di sinistra aveva provato a combattere la liberalizzazione, senza successo, argomentando che “nell’era dei prodotti surgelati non sarebbero numerosi i consumatori che farebbero uso delle nuove possibilità di acquisto”. La sinistra teme anche una deregolamentazione generalizzata degli orari di lavoro. Per la vendita a tutte le ore ci vuole personale che entri in servizio all’alba e rimanga fino a tardi, ma i salari bassi e il lavoro estenuante generano un’immagine negativa dei locali. Eberle respinge questa critica ritenendo che “non manca il personale che desidera lavorare fuori dagli orari canonici che noi reclutiamo, sia tra le casalinghe, sia tra gli studenti”. Un contratto collettivo c’è soltanto in tre cantoni e dopo il voto di Berna il sindacato vede nuove prospettive. Secondo UNIA, un contratto collettivo potrebbe essere la base per introdurre standard minimi e combattere “le pessime condizioni di lavoro, gli orari molto lunghi, i salari bassi”. La metà degli esercenti (1300 sul territorio nazionale) ha già aderito all’Associazione esercenti e se le trattive con i sindacati avranno buon esito, la maggiore libertà concessa dal Parlamento, sarà accompagnata da un contratto collettivo di lavoro.
Nello stesso ordine del giorno il Consiglio degli Stati ha accolto con 27 voti contro 11 una mozione di Filippo Lombardi (PPD) che chiede di armonizzare gli orari d’apertura dei negozi di commercio al dettaglio. In tutti i cantoni, i negozi dovrebbero restare aperti almeno dalle 6 alle 20 dal lunedì al venerdì e dalle 6 alle 19 il sabato. Chi lo desidera potrebbe estendere l’orario fino alle 23, il limite massimo già previsto dalla Confederazione. La proposta offrirebbe orari più flessibili alla popolazione, che ne ha sempre più bisogno e ammortizzerebbe il mercato interno evitando distorsioni della concorrenza. Quest’ultimo argomento sostenuto anche dal Consiglio federale, che ha anche aggiunto che si tratta di un’ammortizzazione parziale degli orari, che tiene sufficientemente conto delle diverse situazioni economiche della Svizzera. Lombardi, con la sua proposta, vuole contrastare anche uno degli effetti del franco forte sul commercio al dettaglio svizzero: il turismo degli acquisti. “Allungare l’orario d’apertura dei negozi scoraggerebbe i consumatori a recarsi all’estero”, è convinto Lombardi, che ha anche spiegato: “Oggi si calcola che il turismo degli acquisti fa perdere al commercio elvetico circa 6-8 miliardi di franchi mettendo a rischio oltre 15.000 posti di lavoro”. Il settore del commercio al dettaglio è il secondo più importante in Svizzera con 370.000 impieghi. Contraria la maggior parte della sinistra, convinta che la proposta del senatore ticinese non serva a combattere il turismo degli acquisti e non rispetti la sovranità dei Cantoni, ai quali spetta la regolamentazione degli orari d’apertura. La mozione passerà al vaglio del Consiglio nazionale e un sì dei deputati, sfoggerebbe in un progetto di legge, che tornerebbe in Parlamento e andrà in consultazione presso i Cantoni, che potranno esprimersi in materia.