Trionfo della sinistra sulla Riforma III dell’imposizione delle imprese, rispettati i sondaggi su naturalizzazione agevolata per la terza generazione di stranieri e il fondo per le strade nazionali
Riforma III dell’imposizione delle imprese
Netto il rifiuto della Riforma III dopo che si era atteso un risultato più stretto. È uno schiaffo al Consiglio federale che non perdeva una votazione dal 2014 (acquisto degli aerei Gripen) e vista l’importanza dell’oggetto in votazione è una delle più pesanti da molti anni.
Approvata nel giugno scorso dalla maggioranza di centro e di destra del parlamento e combattuta da un referendum del Partito socialista (PS), la riforma aveva i pronostici della vigilia. Ma nelle ultime settimane di campagna del voto l’argomento della sinistra sulle perdite fiscali pari a 2.7 miliardi di franchi, dalle quali sarebbe risultata una riduzione delle prestazioni e maggiori imposte per il ceto medio, ha aumentato la paura e ha fatto pendere la bilancia dalla parte del No. Dalle urne è uscito un 59.1% dei votanti che respinge la Riforma III dell’imposizione delle imprese, accettata soltanto dai cantoni Nidvaldo, Ticino, Vaud e Zugo.
Due anni fa il Governo aveva lanciato la Riforma III per adeguare il sistema fiscale svizzero agli standard internazionali dell’OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico). Lo scopo era di lottare contro le riduzioni fiscali alle imprese attive a livello internazionale in Svizzera e di sopprimere questi privilegi fiscali.
La riforma prevedeva nuove misure che avrebbero rafforzato, secondo il Governo, la competitività della Svizzera e creato un margine di manovra politico-finanziario per i Cantoni. Per il PS, che ha lanciato il referendum, si sarebbe trattato di molti regali fiscali alle aziende. “Il No alla riforma è un cartellino rosso alla politica fiscale della destra e alla loro arroganza”, ha commentato il trionfo della sinistra il presidente PS Christian Levrat.
I socialisti chiedono ora una riforma più equilibrata in grado di ottenere una maggioranza e il PS ha annunciato un’iniziativa parlamentare per rendere concreto il piano chiedendo al ministro delle finanze Ueli Maurer un nuovo progetto entro l’estate 2017. Lo stesso Maurer non crede che sarà possibile metterlo in vigore prima del 2021, perché “la presentazione di un nuovo progetto da parte del governo e le modifiche da parte dei Cantoni richiederanno almeno due anni”. Maurer, che voleva riscattarsi dalla sconfitta sui Gripen, ammette la sua responsabilità su alcuni aspetti della riforma, ma ha accantonato un nuovo programma di risparmi dopo il No.
La Svizzera non potrà comunque rispettare la scadenza del 1° gennaio 2019, prevista finora per l’adeguamento della legislazione nazionale ai nuovi standard dell’OCSE e Maurer ha detto che “esiste il rischio reale che alcune imprese saranno colpite da una doppia tassazione nei prossimi anni”. Il nuovo progetto deve essere finanziabile e continuare a offrire condizioni vantaggiose alle aziende, per evitare che lascino la Svizzera.
Economiesuisse, l’organizzazione mantello delle imprese svizzere, teme che “il No porti a grandi insicurezze” e il presidente Heinz Karrer, invita a creare “certezza del diritto” iniziando immediatamente i lavori per un nuovo progetto “l’argomentazione di fine campagna sulle perdite delle entrate fiscali ha fatto prevalere il No”. Petra Gössi, presidente del PLR, ha ammesso che “la destra non è riuscita a convincere la popolazione dell’importanza della riforma e a spiegare che ogni cantone poteva applicarla in modo indipendente”. Non c’è tempo da perdere per i favorevoli e una nuova riforma corretta deve essere presentata al più presto.
Naturalizzazione agevolata
Al quarto tentativo (dopo le votazioni nel 1983, 1994 e 2004) la Svizzera ha fatto un piccolo passo accettando di iscrivere nella Costituzione il principio di naturalizzazione agevolata.
In futuro gli stranieri e le straniere di terza generazione che vivono in Svizzera saranno agevolati nella richiesta della cittadinanza svizzera, che sarà più speditiva e costerà meno. L’aspirante alla naturalizzazione dovrà fare domanda e soddisfare precisi criteri. Gli stranieri, con permesso C, devono essere nati in Svizzera, avervi frequentato la scuola almeno 5 anni e non avere più di 25 anni ed essere bene integrati.
Il testo è un compromesso politico raggiunto in Parlamento e che prevede procedure più severe senza una naturalizzazione automatica come proposta nel 2004. Una proposta più moderata che ha convinto i votanti. La Confederazione gestirà le procedure, chiedendo anche informazioni ai Cantoni, e i candidati non saranno più sottoposti a test d’integrazione. Il decreto federale approvato dal Parlamento e dal Consiglio federale ha superato il doppio scoglio delle urne ed è stato accettato dal popolo svizzero con il 60.4% di Sì e dalla maggioranza dei cantoni con 17 Sì.
I favorevoli alla naturalizzazione agevolata tirano un sospiro di sollievo. Finalmente un oggetto in tal senso ha trovato la maggioranza degli aventi diritto. La deputata socialista Ada Marra, all’origine del progetto, rivolge il proprio pensiero “a tutti gli stranieri che hanno costruito questo Paese con gli svizzeri”. Anche la presidente del sindacato UNIA Vania Alleva è soddisfatta del “chiaro risultato nelle città e agglomerazioni, nelle quali vivono molte persone con uno sfondo di migrazione”.
È un’altra sconfitta, dopo l’iniziativa di attuazione e la legge sull’asilo, per l’Unione democratica di centro (UDC), unico grande partito contrario alla legge e battuto sul suo campo della politica d’immigrazione. “Il pericolo è che ora i cantoni abbassino la guardia”, ha dichiarato il consigliere nazionale Jean-Luc Addor (UDC). “Le conseguenze delle naturalizzazioni senza controllo si vedranno solo fra qualche anno”, ha aggiunto Andreas Glarner (UDC). Il partito rinuncia, però, a lanciare il referendum contro la legge che dovrebbe entrare in vigore entro il 2018. La ministra di giustizia Simonetta Sommaruga ha detto di sentirsi “felice per le giovani persone straniere che sono integrate benissimo e fanno parte di noi e che il Consiglio federale è soddisfatto del risultato”.
Fondo per le strade nazionali e il traffico d’agglomerato (FOSTRA)
È un chiaro Sì ai 6.5 miliardi che entro il 2030 dovrebbero confluire nel Fondo per le strade nazionali e il traffico d’agglomerato (FOSTRA) che saranno destinati a progetti per eliminare i problemi di capacità delle strade nazionali e del traffico d’agglomerato. Il fondo è a tempo indeterminato, sarà sancito dalla Costituzione e dovrebbe entrare in vigore nel 2018. Il 61.9% dei votanti ha deposto un Sì nelle urne e nessun cantone ha bocciato il progetto.
La ministra dei trasporti Doris Leuthard ha motivo per essere soddisfatta del chiaro risultato: “Il Sì è espressione che l’utilizzazione complementare dei trasporti tra ferrovia e strade è stata compresa e che servono senza dubbio investimenti per far fronte alla crescente mobilità”.
Le fonti per il finanziamento del FOSTRA sono le tasse sul traffico, nuove imposte sugli autoveicoli, un supplemento del 10 per cento dell’imposta sugli oli minerali, un aumento della benzina e del gasolio di 4 centesimi al litro, ma se necessario fino a 34 centesimi e dal 2020 una tassa sui veicoli elettrici.
La vasta coalizione a favore del Fondo, composta dai partiti di destra e di centro, insieme ad organizzazioni economiche e dei trasporti, esulta per il Sì, ma invita tramite Olivier Français (PLR) a “rispettare il compromesso con saggezza” e di ricorrere al FOSTRA “nel rispetto di tutte le regioni del Paese”, senza illudere la popolazione che “i problemi del traffico saranno del tutto risolti”. Per gli ecologisti e gran parte dei socialisti è una severa sconfitta. Evi Allemann, presidente dell’Associazione traffico e ambiente (ATA) vede il 40% di No come “un successo di tutto rispetto” e ricorda che “i 650 milioni mancanti dalle casse federali andranno a scapito di altri settori come i trasporti pubblici o ad altri compiti”.
Per gli ecologisti sarebbe stato più opportuno investire in tram, autobus e in piste ciclabili e isole pedonali nei centri urbani. “Il finanziamento del FOSTRA si tradurrà in più inquinamento e traffico” è convinta la presidente dei Verdi Regula Rytz. “Inoltre questo finanziamento è in contrasto con gli sforzi in favore del clima” ha aggiunto, promettendo che “gli ecologisti continueranno a battersi per una politica ambientale sostenibile”.
Gaetano Scopelliti
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