È sceso il sipario sulle tanto attese elezioni legislative in Afghanistan e, come speravano gli organizzatori, c’è stato anche l’applauso.
Un gesto per la verità di sollievo più che di entusiasmo perché il risultato, per dirla con le parole del responsabile della missione dell’Onu a Kabul, Staffan De Mistura, è stato “in chiaroscuro” per evidenti falle nel meccanismo di sicurezza messo in atto contro i talebani.
Gli insorti, mostrando di non sentire il peso di nove anni di conflitto, hanno infatti colpito obiettivi nei quattro punti cardinali del Paese e accentuato la loro offensiva a nord e a est, al confine con il Pakistan, ma anche nella regione occidentale e nelle province di Herat e Farah, che sono sotto la responsabilità militare italiana, dove ha perso la vita il tenente Alessandro Romani. A lui è stato reso l’estremo omaggio dai commilitoni a Herat prima del trasporto della salma a Roma.
Il voto, in origine previsto per maggio, è stato fissato sabato scorso per permettere il rinnovamento della Wolesi Jirga (Camera bassa) del Parlamento afgano. Per conquistare uno dei 249 seggi a disposizione (68 per legge riservati alle donne) sono scesi in lizza quasi 2.500 candidati, nell’esercizio democratico più importante mai realizzato in questo paese asiatico.
I primi risultati saranno conosciuti solo fra due settimane, mentre quelli definitivi verranno annunciati – dopo l’esame di eventuali ricorsi – il 30 ottobre. Comunque, il dato più interessante è stato quello riguardante l’affluenza alle urne che il presidente della Commissione elettorale indipendente (Iec), Fazal Ahmad Manawi, ha fissato al 40%. Un dato che archivia il brutto ricordo delle presidenziali dell’agosto 2009 quando, fra monumentali brogli e polemiche, l’affluenza fu di poco superiore al 30%.
Gli insorti, che avevano promesso di fare tutto il possibile per boicottare l’appuntamento, hanno scatenato un’offensiva fin dalla notte precedente l’apertura delle urne, lanciando razzi, attaccando seggi, sequestrando persone e compiendo attentati che hanno causato la morte di vari civili.
Questo ha fatto sì che, dopo la rinuncia nelle settimane scorse all’apertura di 1.000 seggi per motivi di sicurezza, la Iec annunciasse che, dei 5.816 rimasti, altri 461 rimanessero chiusi privando gli elettori del loro diritto di voto. Riassumendo gli incidenti, il ministro dell’Interno Besmullah Mohammadi ha annunciato che “gli attacchi dei talebani hanno causato 14 morti e 45 feriti”.
Una cifra prudente che non è in linea con quelle registrate dai media, come l’agenzia di stampa Pajhwok che, sulla base delle segnalazioni dei corrispondenti, ha sostenuto che i morti sono stati in realtà 30 e i feriti 70.
Nel suo commento sull’andamento delle votazioni, De Mistura ha sottolineato che “è stato un giorno duro dal punto di vista della sicurezza” in cui “le forze militari e di polizia hanno fatto del loro meglio per arginare le violenze, ma nonostante questo vi sono stati gravi incidenti”.
Secondo gli esperti, comunque, vi sono stati chiari progressi rispetto ai 247 incidenti registrati durante le presidenziali dell’agosto 2009. E il ministro della Difesa, Abdul Rahim Wardak, ha detto che i talebani hanno organizzato azioni ostili in almeno 17 delle 34 province del Paese. Al riguardo il comandante in capo delle forze armate afghane, Bismillah Khan, ha segnalato almeno 63 incidenti di rilievo nei quali sono state usate armi da fuoco e 33 attentati con esplosivi.
Dal canto suo, un portavoce degli insorti, Zabihullah Mujahid, ha affermato che commando dell’Emirato islamico dell’Afghanistan sono stati lanciati contro 150 seggi, un bilancio che è apparso però agli osservatori esageratamente gonfiato.
Inoltre è fallito quello che probabilmente doveva essere “la madre di tutti gli attentati”, quando Toryali Weesa, governatore di Herat, provincia sacra per i talebani, è uscito indenne da un attentato dinamitardo.
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