La Corea del nord pronta al dialogo con l’occidente
Dopo l’annuncio di Obama, fatto nei mesi scorsi, di voler spostare l’attenzione politica e militare dell’America verso l’area del Pacifico, qualcosa è maturato anche nel regime rosso della Corea del Nord. Non è sicuro che la svolta sia dovuta alla nuova strategia militare americana, può darsi che le cause siano altre, ad esempio il passaggio delle consegne da Kim Jong-Il a Kim Jong-Un, da un articolo determinativo ad un articolo indeterminativo, suo figlio ed erede al ”trono”. Può darsi ancora che la svolta sia dovuta ai festeggiacentesimomenti prossimi del della nascita di Kim Il-Sung, fatto sta che la Corea del Nord è affamata e non riesce a progredire come la Corea del Sud. D’altra parte, ognuno dei motivi sopra citati ha la sua parte di ragione nel cambiamento annunciato. Di che si tratta? La Corea del Nord ha dichiarato di voler mettere fine agli esperimenti nucleari – e quindi di accettare che gli ispettori internazionali verifichino se gl’impegni saranno mantenuti o meno – in cambio di 240 mila tonnellate di aiuti militari che gli Usa (e gli altri Paesi) dovrebbero garantire dopo la firma degli accordi. Finalmente, si potrebbe dire, si vede qualcosa di nuovo all’Estremo Oriente. Il nuovo leader è giovane, certamente cresciuto all’ombra del padre e quindi alla scuola comunista tra le più ortodosse, ma la sua età ha fatto la differenza. Che però ci sia la fame di tutto un popolo dietro questa decisione è altrettanto vero, anche perché non c’è nulla di segreto in questo genere di cose. I nordcoreani hanno chiesto non investimenti, non impianti industriali, non tecnologia per costruire, ad esempio, grandi dighe, eccetera. No, hanno chiesto 240 mila tonnellate di alimenti, il che vuol dire che o c’è stata carestia, siccità, o il settore agricolo è arretrato, come è facilmente intuibile e non produce, come non ha prodotto in nessuna altra parte del mondo un settore collettivizzato. Tutto è bene quel che finisce bene, si potrebbe dire. Meglio tardi che mai, meglio zappare la terra che costruire armi. In realtà, la svolta non è così scontata come si vorrebbe far credere. Già nel 2005 la Corea del Nord fece questo passo. Lo fece in modo solenne, al termine di una riunione ad alto livello, conosciuta come negoziati a Sei, cioè con le sei Nazioni più importanti, come gli Stati Uniti, la Russia, la Cina, il Giappone, la Corea del Sud e ovviamente quella del Nord. L’accordo prevedeva la rinuncia completa ai programmi nucleari in cambio della fine delle sanzioni e di incentivi economici e diplomatici forniti da tutti gli altri Paesi che avevano partecipato alla trattativa. In poche parole, l’accordo di allora è simile, se non identico anche nelle singole espressioni, a quello di sette anni fa.
Si sa anche come andò a finire. Esauriti gli aiuti economici, fu dichiarata terminata anche la fase del dialogo. Nel periodo tra il 2006 e il 2009 la Corea del Nord non solo riprese gli esperimenti nucleari con almeno due test atomici nelle profondità marine, ma si esibì in una serie di autentiche provocazioni, lanciando missili contro la Corea del Sud o aggiungendo l’arricchimento dell’uranio alla già esistente produzione di plutonio, per ottenere l’occorrente per la fabbricazione delle bombe atomiche. Nel 2010, poi, la Corea del Nord rifornì di missili la Birmania, contrariamente alle profferte di dialogo di cui si parlava nelle pubbliche assisi internazionali. Dunque, ci sono precedenti importanti che hanno fatto irrigidire la comunità internazionale che ora vuol vederci chiaro nelle intenzioni della Corea del Nord. Ritorniamo alle domande iniziali: è svolta vera o solo tattica? Dietro il cambiamento si cela una sconfitta economica, un periodo di siccità oppure la percezione esatta che così non si può andare avanti? Se si fanno raffronti tra le condizioni della Corea del Sud, del Giappone, dell’Australia e la Corea del Nord, l’abisso è davvero profondo: impensabile colmarlo senza fare riforme radicali. Magari il nuovo giovane dittatore ha capito che non si può sfidare il popolo in eterno, come è successo nel Nord Africa e in Medio Oriente, dunque, tanto vale precedere gli eventi e salvare il salvabile, compreso il sedere al figlio del ”Caro Leader” recentemente scomparso tra pianti visibilmente provocati. Certo è che l’offerta va accolta, come è chiaro che faranno i Sei, se non altro per non esporsi all’accusa di un rifiuto senza speranze. Dunque, per ora si valuta e si verifica la svolta, poi si vedrà. [email protected]