Proteste e manifestazioni di simpatia dopo l’annuncio di candidatura da Abdel-Fatah Al-Sisi
Dopo la comunicazione della candidatura per l’incarico del presidente di Abdel-Fatah Al-Sisi, venerdì scorso diversi sostenitori del ex-presidente Morsi, caduto il 3 luglio 2013, hanno protestato contro la candidatura di Al-Sisi sostenendo di temere una “Repubblica della paura”. Secondo un rapporto ufficiale sarebbero morte almeno quattro persone. Ad Alexandria e in diversi quartieri di Kairo la polizia ha sciolto le proteste, negli stessi luoghi sono andati sulle strade anche simpatizzanti di Al-Sisi, sventolando le bandiere egiziane e poster di Al-Sisi.
Al-Sisi, che si ritiene sia la forza motrice dietro la caduta dell’ex-presidente Morsi, aveva annunciato lo scorso mercoledì la sua candidatura. Si è dimesso dal suo incarico da ministro della difesa ed è uscito dicendo “questa è l’ultima volta che mi presento davanti a voi in divisa militare”, le sue dimissioni sono dovute al fatto che per legge solo civili hanno il diritto di candidarsi. Non meraviglierebbe che Al-Sisi possa essere votato, è molto amato in Egitto, tanti egiziani lo vedono come “salvatore della nazione”.
Sulla vita privata di Al-Sisi non si sa molto, ha quasi sessant’anni ed è sposato da quasi trent’anni con la sua cugina Intissar dalla quale ha avuto quattro figli. Gli egiziani lo ritengono una persona religiosa e modesta. Al-Sisi ha annunciato intanto che il paese si deve muovere verso la democrazia, e ha dichiarato che continuerà con la sua lotta “per un Egitto senza terrorismo”. Non ci sono ancora informazioni chiare su come Al-Sisi governerebbe l’Egitto dopo un’elezione vinta, ma intanto ha fatto sì che più di 500 Fratelli Musulmani sono stati condannati a morte, mentre contro più di 2000 islamisti è in corso un maxi-processo.
Ha studiato in Gran Bretagna e negli USA, ha lavorato per il militare in Arabia saudita, Morsi e i Fratelli Musulmani lo vedevano come un alleato per la sua religiosità, almeno fino alla primavera del 2013, quando è apparsa chiara l’incapacità dell’ex-presidente Morsi, allora Al-Sisi si è rivoltato contro Morsi. Tanti egiziani sperano che il paese sotto Al-Sisi torni ad avere più stabilità, dopo gli ultimi tre anni turbolenti, dopo la caduta di Husni Mubarak, rovesciato dopo le proteste di massa nel febbraio 2011. Dopo le prime elezioni libere nella storia del paese il partito Fratelli Musulmani era al potere, ma poco dopo ha deluso il popolo non essendo capace di contenere la crisi che ha colpito i reparti dell’economia e della sicurezza, ma ha soprattutto diviso la nazione con la forte politica islamistica. Dopo solo un anno il governo sotto i Fratelli Musulmani è stato rovesciato dal potere militare, il governo ad interim sotto il presidente Adli Mansur è attivo momentaneamente, ma anche a Mansur non è riuscito sistemare la situazione economica o a stabilizzare il paese, per cui il turismo è una delle fonti economiche più importanti.
Condannati i Fratelli Musulmani
Si tratta probabilmente della più grande condanna a morte di massa della storia moderna, quella decisa in Egitto la settimana scorsa contro 529 sostenitori dell’ex presidente Mohamed Morsi, deposto dai militari nonostante avesse vinto le elezioni giudicate democratiche dalla comunità internazionale. Un verdetto shock per un gruppo di islamisti accusati di aver ucciso dei poliziotti durante le rivolte dello scorso 14 agosto, scoppiate in seguito alla durissima repressione dell’esercito nei confronti dei sostenitori di Morsi che aveva provocato centinaia di morti. Secondo gli analisti, tuttavia, il verdetto potrebbe essere ribaltato in appello. Dei 529 condannati alla pena capitale, solo 153 sono attualmente in carcere, gli altri sono stati processati in contumacia. Il giudice ha inviato la sentenza di morte al Gran Mufti, la massima autorità per l’applicazione della legge islamica, che dovrà approvarla. La Fratellanza Musulmana ha giudicato il verdetto ”un’ulteriore indicazione del fatto che il sistema giudiziario corrotto viene usato dai capi del colpo di Stato per reprimere la rivoluzione egiziana e instaurare un regime brutale”. Almeno 1.400 persone erano rimaste uccise negli scontri fra polizia e sostenitori di Morsi e migliaia di persone sono finite in carcere, secondo i dati diffusi da Amnesty International. Il portavoce dell’Alto Commissariato dell’Onu Rupert Colville, inoltre aveva criticato la condanna a morte dicendo ”l’incredibile numero di persone condannate a morte in questo caso non ha precedenti nella storia recente. L’imposizione di una pena di morte di massa dopo un processo caratterizzato da irregolarità è una violazione delle norme internazionali sui diritti umani”.