Uno studio di Milena Sant dell’Istituto nazionale dei tumori di Milano pubblicato su Cancer Epistemiology
Quando si dice la differenza tra il Nord e il Sud dell’Italia. Si sa che il Nord lavora e produce e il Sud vive in buona parte sulle risorse prodotte altrove. Ma almeno servisse a qualcosa! Dai dati pubblicati su Cancer Epidemiology e tratti da uno studio di Milena Sant dell’Istituto nazionale dei tumori di Milano emerge un quadro sconfortante in un servizio – quello sanitario nazionale – che dovrebbe essere uguale per tutti e invece non lo è per nulla. Non per altro, ma perché le risorse vengono spese male, il servizio male organizzato e gestito peggio, certamente dalle Regioni, ma soprattutto dalle Asl, dai direttori sanitari, dai medici.
Lo studio mette in rilievo come la stessa malattia, per esempio un tumore al seno, in una città del Nord viene curato in un certo modo, in una città del Sud in un altro. E poi si gioca a fare le vittime.
Vediamoli questi dati. Chi vive a Modena – ma in genere al Nord – e ha un tumore alla mammella, ha la possibilità di vedersi fare un’analisi precoce in ragione di cinque donne su dieci. A Ragusa – ma in genere al Sud – questo succede nemmeno a tre donne su dieci, alle altre sette donne succede che il tumore viene diagnosticato quando già ha prodotto metastasi in altre parti del corpo. Anche la cura subisce la stessa sorte: cinque donne a Modena o Ferrara fanno la radioterapia durante l’intervento chirurgico, a Napoli o a Sassari succede solo a tre casi su dieci.
Lo studio confronta 14 registri di tumori di diverse città italiane, scelte tra Nord e Sud. Al Nord una donna operata di tumore al seno avrà la possibilità di conservare il suo seno dopo l’intervento, al Sud probabilmente no. Al Nord le probabilità di vivere dopo cinque anni sono 89, al Sud 85, ma con un corteo di sofferenze maggiori. Passiamo al tumore al colon, per il quale la diagnosi precoce salva la vita. A Napoli e a Sassari le cose vanno peggio che nel Nord per un motivo molto semplice: qui ci sono migliori e più puntuali programmi di prevenzione e di screening. Al Nord due ammalati su dieci di tumore al colon hanno già metastasi quando viene scoperto, al Sud più di tre su dieci. Quanto al tumore al polmone, non ci sono dati sufficienti per tracciare un quadro esatto, però in Romagna nove malati su dieci ricevono una diagnosi abbastanza precoce in modo che si possa procedere all’intervento, che è molto meglio che nel resto dell’Italia, Settentrione compreso.
Prendiamo ora le iniziative delle Regioni, in tutta Italia, per sottoporsi agli screening per la prevenzione del timore al colon retto. Rispondono all’iniziativa quasi 66 al Nord, poco più di 34 al Centro e solo poco più di 7 al Sud, come dire che i problemi uno se li va a cercare. Lo screening riguardante il seno è accolto da 90 su 100 donne al Nord, quasi 83 al Centro e solo il 37,2 al Sud. Vale lo stesso discorso di prima. Per quello all’utero rispondono quasi 65 donne al Nord, quasi 84 al Centro e quasi 63 al Sud. Ancora lo stesso discorso di prima, con i più il fatto che i cittadini fanno poco per la loro salute e altrettanto poco le Regioni, le Asl, gli ospedali.
Lo studio si conclude con due avvertimenti. Il primo è che non basta un buon chirurgo per ottenere risultati migliori. Spesso la chirurgia è solo un aspetto di tutto il problema: “c’è la radioterapia intra-operatoria, la diagnosi genetica e tanto altro”. Il secondo, direttamente collegato al primo, è che il cittadino ammalato dovrebbe informarsi su quanti interventi ci sono stati l’anno prima in quel determinato ospedale scelto. Quando i casi non superano le trenta unità, vuol dire che manca esperienza e capacità di affrontare operazioni di un certo impegno che, come detto prima, richiedono altro che un semplice buon chirurgo.