L’Esecutivo Letta non cadrà sulla giustizia, né sui processi di Berlusconi, l’alleanza ha al centro la questione economica
Il governo Letta ha la possibilità di durare o no? La domanda se la pongono tutti, le risposte variano. C’è chi non perde occasione per dare una spallata, tanto per vedere come andrà a finire, e chi pensa che durerà, se non tutta la legislatura, almeno per una buona parte di essa. In ogni caso, la guerra, più che tra i ministri, più che tra Berlusconi ed Epifani, esiste tra personaggi appartenenti al Pd e al Pdl, tra i malpancisti dell’uno e dell’altro partito.
Nel Pd sono molti coloro che dicono: non è il nostro governo, non è quello che volevamo, lo sostengo per spirito di corpo ma non mi piace, l’alleanza con Berlusconi è inaccettabile. Nel Pdl, si sa, i falchi sono tanti. Al di là dei nomi, tipo Santanché e Gasparri, i falchi dicono: il Pd ci tratta da nemici e appestati, a che serve stare al governo insieme? L’alleanza è innaturale, andiamo alle elezioni. Nel Pd la polemica tende ad assumere la forma di un gruppo organizzato. Alla manifestazione della Fiom di sabato scorso c’erano Gino Strada, Sergio Cofferati Giuseppe Civati, Stefano Rodotà, Fabrizio Barca ed altri, ma la polemica, suonata dai vari trombettieri, si è appuntata su Epifani che non c’era. Come dire: vedete, sono alleati con il Pdl e snobbano le manifestazioni per il lavoro, parlano di Imu e invece dovrebbero mettere il lavoro al centro. Correttamente Epifani ha risposto che “il problema non è stare in piazza, ma ascoltare la piazza e dare risposte”, e però queste punzecchiatura pubbliche sono la spia di un clima. Nel Pdl monta la recriminazione sull’uso politico della magistratura e una larga fetta di malpancisti è pronta a tirare fuori gli artigli.
Nel Pdl, però, il partito è saldamente nelle mani di Berlusconi che ha detto chiaramente che le sue sventure giudiziarie non condizioneranno affatto le sorti del governo. Per l’ex premier la polemica è rivolta contro una parte, la parte politicizzata e faziosa, non contro tutta la magistratura, e comunque la dichiarazione è perentoria: il governo deve lavorare per il Paese. Nel Pd, per ora, c’è un consenso vasto, ma da alcuni settori del partito solo formale. Nessuno, però, può permettersi di andare oltre. Solo a congresso ultimato si vedrà, ma se sarà Chiamparino a vincere, cambierà poco rispetto ad Epifani. Se cambiamenti ci saranno, dipenderanno dai gruppi, ma la leadership non potrà abbandonare Letta.
E veniamo al governo, reduce da uno scontro tra Letta e Alfano sulla partecipazione di ministri Pdl a Brescia. Già Letta aveva richiamato a muso duro lo stesso Alfano e già Alfano aveva ribattuto a muso duro, ma poi hanno trovato il punto d’incontro. Letta, comunque, ha dichiarato che il governo resterà in carica fino a quando ci saranno le condizioni per attuare il programma per uscire dalla crisi economica e per le riforme necessarie. Non un minuto di più, che è un modo per avvertire l’alleato sui paletti fissati.
In un’intervista ad Alfano sul Corriere di domenica, questi paletti sono stati ribaditi anche dall’altra parte, con riconoscimenti reciproci. “Il primo consiglio dei ministri”, ha detto Alfano, “non l’abbiamo dedicato alla giustizia e neanche alla legge elettorale, ma all’economia e alla sobrietà della politica. Chi vuole fare il ministro lo fa gratis (alludendo alla proposta Letta sul no a stipendi aggiuntivi ai parlamentari che divengono ministri, ndr). I lavoratori in difficoltà sono aiutati con la cassa integrazione guadagni (risorse per un miliardo, ndr). Alle famiglie viene detto con chiarezza che supereremo la tassazione sulla casa (sospensione della rata di giugno dell’Imu e impegno a riformarla entro 100 giorni accorpando le tasse connesse e comunque eliminandola sulla prima casa, ndr)”.
Dunque, la risposta a Landini (Fiom) a Roma è venuta a stretto giro di posta. I primi passi del governo sono di tipo economico e con la volontà di preservare la squadra di governo dalle polemiche. Ha aggiunto Alfano: “Devo riconoscere una perfetta corrispondenza tra il discorso di Enrico Letta che ha avuto la fiducia delle Camere e quello che è stato fatto nel primo Consiglio dei ministri operativo”. Quanto all’affiatamento e alla durata del governo, Alfano ha precisato che l’alleanza “è un matrimonio d’interesse: la cosa più bella è che l’interesse non è quello degli sposi, delle parti, ma quello del Paese. Finché i coniugi avranno la percezione di fare l’interesse del Paese (…) allora il governo andrà avanti. Per questo occorre tenere al centro la questione economica, che è la ragione più profonda dell’accordo”.
Letta e Alfano provengono tutti e due dalla Dc, si conoscono da più di vent’anni ed hanno militato su fronti diversi. E’ possibile che tra di loro ci saranno ancora scontri, ma a tutti e due sono chiari anche il metodo e il percorso. Eccolo: “Ci sono iniziative e leggi, in ogni ambito, che solo un governo di centrodestra potrebbe portare avanti (allusioni alle intercettazioni e ai temi della giustizia, ndr). E ci sono iniziative e leggi che potrebbe portare avanti solo un governo di centrosinistra (allusione alla cittadinanza per ius soli e unioni civili, ndr), La conseguenza è che questo Parlamento e questo governo non faranno ciò che solo il centrodestra potrebbe fare, né ciò che solo il centrosinistra potrebbe fare (…) per fare ciò che ciascuna parte vorrebbe fare (senza il consenso di tutti), occorrerà attendere le prossime elezioni (…) adesso invece si potranno fare solamente ciò che il centrodestra e il centrosinistra sono capaci di condividere”. Da sottolineare quel “sono capaci di condividere”.
La scommessa è che cammin facendo riescano a condividere il più possibile.