I più colpiti da questa ‘recente patologia’ i giovani di età compresa tra i 18 e i 25 anni
Non stupitevi se il titolo non vi dice molto: si tratta infatti di un termine di recente introduzione con cui si indica la paura incontrollata di rimanere sconnessi dal contatto con la rete di telefonia, in altre parole il ‘timore ossessivo di non essere raggiungibili al cellulare’. Il termine, formato dal suffisso ‘fobia’, paura, e dal prefisso inglese ‘nomo’, abbreviazione di no-mobile) è stato coniato in occasione di uno studio commissionato a YouGov, un qualificato ente di ricerca britannico, da Stewart Fox-Mills, responsabile del settore telefonia di Post Office Ltd.
Secondo i risultati di questo studio, più di 6 ragazzi su 10 di età compresa tra i 18 e i 29 anni vanno a letto in compagnia del loro smartphone, e oltre la metà degli utenti di telefonia mobile (53%) tende a manifestare stati d’ansia quando perde il cellulare, esaurisce la batteria o il credito residuo o non ha copertura di rete.
Lo studio ha esaminato 2.163 persone: il 55% degli esaminati ha citato il bisogno di tenersi in contatto con amici e familiari come causa principale dello stato ansioso che si presenta quando non può usare il cellulare. Il 10% degli intervistati ha invece dichiarato di avere necessità di essere rintracciabile in ogni momento per motivi di lavoro.
Più di un nomofobo su due non spegne mai il proprio cellulare: la fascia di età più colpita sarebbe quella tra i 18 e i 25 anni, giovani adulti con bassa autostima e problemi nelle relazioni sociali, che sentirebbero il bisogno di essere costantemente connessi e in contatto con gli altri attraverso il cellulare.
Anche se i sintomi sono molto simili a quelli dell’ansia, sembra che la nomofobia sia da considerare una dipendenza patologica: lo studio ha rilevato che i livelli di stress indotto mediamente da questa dipendenza sono paragonabili a quelli indotti dalla ‘tremarella del giorno delle nozze’ o a quelli di quando si va dal dentista, fino ad arrivare a veri e propri attacchi di panico, con tanto di vertigini, tremore, mancanza di respiro e tachicardia. Per quanto il tema sia recente e quindi i dati a disposizione ancora pochi, già nel 2014 gli italiani Nicola Luigi Bragazzi e Giovanni Del Puente, studiosi dell’Università di Genova, avevano proposto di inserire la nomofobia nel Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali. La patologia in esame è in parte collegata all’uso compulsivo dei social: “L’abuso dei social network può portare all’isolamento; l’utilizzo smodato e improprio del cellulare può provocare non solo divari enormi tra persone, ma può anche portarle a chiudersi in se stesse e ad alimentare la paura del rifiuto”, ha spiegato Ezio Benelli, presidente dell’International Foundation Erich Fromm. “Il fenomeno è in forte crescita.
Questo tipo di tecnologie come lo smartphone sono psicoaffettive: alterano l’umore e scatenano sensazioni.
Il fatto di poter ricevere un messaggio o una mail piacevole, ma non sapere quando la riceveremo, ci spinge a tenere in mano il cellulare continuamente”, ha affermato Giuseppe Rombolà Corsini, psicologo, psicoterapeuta e vice direttore della scuola di psicoterapia Erich Fromm che ha anche aggiunto che un intervento utile “può essere quello della psicoterapia, attraverso una tecnica specifica come lo psicodramma, terapia di gruppo che spinge il soggetto a compiere un’azione che in qualche modo possa richiamare la sua storia personale”.