La stretta operata dal Governo ha colto di sorpresa gli operatori del settore, se pur giustificata al fine di arginare le frodi dei furbetti, introducendo uno strettissimo regime transitorio di soli 11 giorni. Il comma 2 prevede, infatti, che i crediti già oggetto di una prima cessione alla data del 7 febbraio potranno costituire oggetto esclusivamente di una ulteriore cessione. Pare evidente che con un tempo così breve non sarà sufficiente per migliaia di operazioni già programmate previste in contratto, che hanno tempi di attuazione che non dipendono dalla volontà delle parti. Le nuove norme prevedono anche la nullità dei contratti di cessione di credito conclusi in violazione da quanto previsto dagli art.121 e 122 del Dl 34/2020 così modificati dal decreto, questo per quanto concerne quei contratti successivi alla prima cessione o alla seconda se si considera il regime transitorio. Il Codice civile Art.1418 in merito la nullità contrattuale deriva dalla violazione delle disposizioni, anch’esso in linea con le norme di contrasto delle frodi che il legislatore si è prefisso. Questo porterà ad un rallentamento delle operazioni in corso di esecuzione e l’effetto domino che la cessione del credito ha innescato. Qualora le banche hanno un plafond ridotto, non potranno a loro volta cedere, non acquisteranno più crediti o lo faranno per clienti scelti con prezzi sempre maggiori. Questo porterà ad una contrazione del mercato, generando una gigantesca crisi di liquidità. Alla fine pagheranno solo le aziende seriamente impiegate che non riusciranno a portare a termine i lavori di cantiere entro la fine del 2023. Come al solito nel paese delle banane chi avrà tratto vantaggio saranno i soliti furbetti ben ammanicati, mentre lo Stato, le imprese e i contribuenti subiranno un danno enorme specialmente per le finalità di riqualificazione energetica offerta dal Superbonus, più volte richiesto con insistenza dall’EU.
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