Una ricerca commissionata dalla catena di alberghi “Premier Inn” è riuscita a fissare l’ora in cui inizia la malinconia del lunedì
Si sa, gli artisti intuiscono prima, molto prima, situazioni, pensieri ed emozioni che i comuni mortali avvertiranno solo con anni di ritardo. E’ così anche per quanto riguarda mondi inimmaginabili (si pensi a ventimila leghe sotto i mari o ai dialoghi con la Luna, ai viaggi interplanetari o anche alle conquiste tecnologiche che stanno cominciando a rivoluzionare abitudini e stili di vita. L’arte, in fondo, si allea con la scienza e prefigura il futuro, ma anche il passato: si pensi agli animali preistorici fatti rivivere sullo schermo.
Ma lasciamo da parte la riflessione per concentrarci sulle osservazioni di un poeta italiano della prima metà dell’Ottocento, Giacomo Leopardi, che, ne “Il sabato del villaggio” aveva scolpito lo stato d’animo di colui che prova gioia e felicità non quando è festa, ma alla vigilia della festa, non nel momento in cui si gode o si dovrebbe godere della gioia, ma prima che la gioia venga vissuta, quando, cioè, la fantasia si mette in moto e segue le sue regole, quelle dell’immaginazione (“Diman tristezza e noia/ recheran l’ore, ed al travaglio usato/ ciascun in suo pensier farà ritorno”). Quando poi la festa sopraggiunge e la si vive, potrebbe esserci, appunto, la tristezza, perché dopo quella festa realmente vissuta – e magari non proprio vissuta con la gioia immaginata – c’è il ritorno alla realtà, magari alla triste realtà, con la malinconia che incombe e spazza via la gioia stessa, semmai la si è provata. La tesi de “Il sabato del villaggio” è stata straordinariamente confermata scientificamente da una ricerca effettuata in Inghilterra e commissionata da una catena alberghiera, la “Premier Inn”. Sono state intervistate duemila persone per appurare quando, la domenica, è finita come giornata di festa e quando inizia la malinconia del lunedì, del giorno di lavoro.
Ebbene, mentre il sabato è la vigilia della festa – e quindi si è allegri e si sta bene – la domenica, il vero giorno di festa, è per lo più malinconico, almeno a partire da una certa ora che, minuto più minuto meno, cade alle 16 e 13. A quest’ora comincia l’ansia del lunedì di lavoro. Ovviamente, dipende anche dl carattere che ognuno ha, dal tipo di lavoro che si fa, e soprattutto dal grado di entusiasmo con cui lo si esercita, ma in generale, dopo le ore 16 la tristezza incombe.
Il senso di insoddisfazione e di stanchezza assale il 75% di coloro che confessano che passano la domenica in pigiama o in tuta, senza mai uscire di casa. Poi c’è un buon 46% – come vedete le situazioni si sovrappongono – che dichiara che al di fuori dei familiari non incontra nessuno, segno di un ripiego sulla ristretta cerchia familiare. Infine, c’è un buon 44% che invidia coloro che il lunedì raccontano che si sono divertiti. Dunque, sono in tanti che si annoiano. Il sondaggio ha anche proposto a coloro che passano il fine settimana in pigiama di darsi una mossa, che non è facile, ma che con qualche accorgimento diventa un obiettivo alla portata di tutti, e cioè di pianificare una gita, ad esempio, oppure una cena tra amici, in modo tale da aggirare e superare le 16 e 13, che è l’inizio della crisi di malinconia. Facile a dirsi. In realtà, per molti, paradossalmente, il superamento della tristezza del lunedì è data da un’altra crisi, quella economica, perché chi ha perso il lavoro, muore dalla voglia che suoni la sirena della fabbrica o che si aprano le porte degli uffici. Tra costoro, comunque, ci sono quelli che sono passati da un tipo di malinconia all’altro: dal timore del lunedì di lavoro alla disperazione del lunedì senza lavoro. Insomma, alcuni, inglesi e non, sono condannati ad essere malinconici a vita.