Un gruppo di neurologi dell’Università di Burgos (Spagna) ha pubblicato una ricerca sui più comuni sintomi di disagio
Un gruppo di neurologi spagnoli dell’Università di Burgos, sulla rivista scientifica americana Pediatric Neurology, ha pubblicato i risultati di una ricerca sui tic nervosi dei bambini. Ecco lo scopo dello studio, secondo la spiegazione della stessa coordinatrice del gruppo, la dottoressa Esther Cubo, neurologa dell’ospedale Yague di Burgos: “Volevamo capire quando i tic cominciano ad apparire come segni evidenti della personalità individuale. Finora si pensava che queste manifestazioni nervose – lo schiarimento della voce anche se non si ha il mal di gola, lo strizzamento degli occhi come per fissare qualcosa che però non c’è, il tocco frequente del naso, il piegamento della testa da un lato, come faceva il meteorologo Giuliacci su canale 5, ndr. – fossero una caratteristica dell’età adulta e che nei bambini, invece, fossero un’evenienza molto rara. Purtroppo il nostro studio ha dimostrato che ne soffre addirittura quasi un bambino su cinque, come strumento per scaricare la tensione emotiva che colpisce anche a quell’età”.
Come lo hanno accertato i neurologi spagnoli? Sono andati nelle scuole elementari e medie (bambini dai sei ai quattordici anni) ed hanno analizzato il comportamento di milleduecento di essi con lo scopo preciso di vedere quanti di essi soffrissero di tic e in quali momenti ed occasioni della giornata esplodessero più frequentemente. Dopo questa prima fase, si sono intrattenuti a colloquio con ciascuno di loro per capire la loro personalità e quali cause potevano esserci sotto. I risultati sono stati che soffrono di tic nervosi più i maschietti che le femminucce (19% contro il 12%) e che in genere si manifestano con piccoli movimenti del corpo, come il pugno stretto, il roteare degli occhi, l’imitazione del ronzio degli insetti, l’inspirazione dell’aria con vigore. Inoltre, che tutti questi tic scompaiono nelle occasioni di svago. Allora, i neurologi hanno capito che anche nei bambini la paura dell’interrogazione o di una prova che loro temono di non riuscire a superare o anche un’altra causa per loro difficile può generare reazioni di questo tipo.
Ecco le parole della dottoressa Esther Cubo: “Queste manifestazioni sono molto spesso il sintomo di un disagio profondo. In pochi casi sono la causa di una malattia neurologica. Invece, generalmente, si tratta di un disturbo collegato a un episodio stressante mal sopportato dai bambini, come la separazione dei genitori, la nascita di un fratellino o l’inizio della scuola, tutti avvenimenti che rappresentano una novità e che essi temono di non riuscire ad affrontare. Molti di loro strizzano gli occhi oppure roteano la testa, significativo del fatto che non vogliono vedere qualcosa che a loro non piace; molti altri alzano le spalle, che nel linguaggio del corpo significa non volere occuparsi di qualcosa; alcuni schioccano la lingua, un tic che nel linguaggio infantile vuol dire: voglio farmi sentire. Quando, invece, portano continuamente il mento in avanti con un piccolo gesto, cercano di dire: soffro, però non posso staccare lo sguardo”.
Ovviamente, siccome si tratta di neurologi, hanno anche indicato i possibili rimedi. Premesso che queste manifestazioni involontarie non sono una malattia seria ma che non vanno nemmeno sottovalutate, per evitare che poi possano essere vissute come situazioni di imbarazzo con gli altri coetanei, il ruolo e l’atteggiamento dei genitori è molto importante. Innanzitutto, non devono far sentire il bambino in colpa o sgridarlo perché c’è quel tic. Ciò sarebbe controproducente perché getta il figlio ancora di più nel disagio, quasi anche per ripicca. Poi, non devono nemmeno prenderlo in giro. I genitori devono capire pazientemente e intelligentemente cosa lo sta preoccupando, qual è la causa di quel tic, e aiutarlo a risolvere le ansie che lo hanno causato. Una volta capita la situazione e una volta che lo avranno rassicurato portandolo pazientemente a superare la ragione che creava imbarazzo, il tic dovrebbe scomparire nel giro di uno o al massimo due mesi. In caso contrario, per evitare che il tic continui anche nell’età adulta, è meglio rivolgersi al pediatra o ad uno psicologo.