La miccia delle manifestazioni è stata la notizia degli sprechi della presidente Dilma Rousseff e della corruzione dilagante nelle istituzioni
Dopo la Turchia, il Brasile: un altro Paese diventa teatro di scontri tra manifestanti indignati e polizia, con danni e devastazioni da parte dei rivoltosi e con uso di gas lacrimogeni e blindati da parte delle forze dell’ordine. Mentre, però, in Turchia la miccia era rappresentata dall’abbattimento di seicento alberi di Gezi Parc per farne un casermone ottomano con un supermercato (motivo ufficiale) e dalla deriva islamica (motivo reale), in Brasile la rivolta è divampata per protestare contro gli sprechi, sia dei politici che dell’organizzazione della Confederations Cup e dei mondiali di calcio nel giugno del 2014.
Sprechi e corruzione che hanno fatto arrabbiare la popolazione che ha colto l’occasione dell’aumento dei trasporti pubblici (chi usa i trasporti pubblici per andare a lavorare, percepisce in media un salario di 350 euro) per riversarsi nelle piazze delle ottanta maggiori città del Brasile. Come in Turchia il bersaglio è stato Erdogan, primo ministro, così in Brasile è stata Dilma Rousseff, succeduta a Lula, che aveva concesso, contro la sentenza della Suprema Corte, l’asilo politico a Cesare Battisti – condannato in Italia a vari ergastoli – confermato poi proprio da Dilma Rousseff.
I timori del governo sono che le proteste possano mettere in questione l’organizzazione della Giornata Mondiale della Gioventù, con l’arrivo del Papa e di centinaia di migliaia di fedeli.
Ci vorrebbe una svolta nella protesta, una svolta come quella che per una settimana si è realizzata in Turchia con manifestanti immobili e silenziosi con un giornale o un libro in mano. Anche in Brasile le autorità politiche potrebbero imitare quelle turche che hanno trovato il tipo di protesta “buono e giusto”.
Per la verità anche Dilma Rousseff ha provato a gettare acqua sul fuoco quando ha detto di appoggiare “manifestazioni pacifiche”, ma non sembra esserci riuscita. La protesta è contro un presidente che aveva detto all’inizio di volere un Brasile “a miseria zero”.
Vediamo perché i manifestanti – che si sono resi autori di violenze e devastazioni provocando la reazione altrettanto dura della polizia – sono scesi in piazza. Un giornale brasiliano, “Fohla de Sao Paulo”, ha pubblicato una serie di notizie riservate carpite all’Itamaraty (ministero degli Esteri). Si tratta di notizie di sprechi, dei quali è responsabile proprio la presidente Dilma Rousseff. Si è scoperto che in occasione dell’ultima Assemblea Generale dell’Onu a New York Dilma Rousseff ha speso diciannovemila dollari a notte; che lo Stato ha dovuto pagare 9437 dollari per l’installazione di un paio di linee telefoniche a Parigi; che in occasione della riunione dei Brics (Paesi emergenti) in Sudafrica Dilma Rousseff ha rifiutato una suite di 80 mq e preso un’altra, spendendo 94 mila dollari oltre quelli offerti dal Paese ospitante.
La lista degli “sprechi” è molto lunga, aggiungiamo solo qualche altro dettaglio per ragioni di spazio. Nel viaggio in Cina (aprile 2011), lo scalo tecnico ad Atene costò all’erario 121.300 dollari. A Cadice, in Spagna, acqua e caffè sono costati allo Stato 1920 euro. Il viaggio lampo in Italia in occasione dell’elezione di Papa Francesco, è costato 64 mila euro solo per affittare auto. Insomma, quanto basta per far inviperire il popolo che subisce i rigori di una crisi come non se n’era mai vista prima.
Dilma Rousseff non è ben vista da larga parte della popolazione, a differenza di Lula che era riuscito a vincere le elezioni e a farsi interprete dei bisogni dei poveri, sebbene più a parole che a fatti. Il guaio è che le condizioni di partenza erano davvero drammatiche. Di solito i tornei, specie quelli di calcio, in modo particolare il prossimo che vede proprio il Brasile come favorito e organizzatore, sono un’occasione per deviare lo sguardo dai problemi reali. In Brasile, invece, questa “deviazione” non c’è stata, sia perché la corruzione e gli sprechi sono tanti, sia perché il momento economico è disastroso. Di qui le piazze delle città piene di gente e le guerriglie che ancora continuano (con qualche morto già di troppo).
La protesta, comunque, è stata teleguidata dai mass-media, a cui qualcuno ha passato informazioni riservate, il che fa pensare che nel partito di Dilma ci siano due anime, quella di Lula e quella di Dilma, che si fronteggiano i maniera sotterranea, evidentemente perché la presidente fa il contrario di quello che dichiara e perché non ha attecchito presso la gente povera in quanto troppo di manica larga con i soldi degli altri.
Ci vorrebbe un soprassalto di responsabilità da parte di tutti, governo e manifestanti, perché la protesta ci sia ma sia pacifica, perché non c’è nulla da guadagnare dalla confusione e dall’esasperazione degli animi.