In un filmato si intravede una figura somigliante a quella di Oswald. Andreotti: leggenda dossier Sifar su arma del delitto
ROMA – In un filmato restaurato, girato a Dallas il 22 novembre del 1963, il giorno dell’assassinio di John F. Kennedy, si intravede una figura molto somigliante a Lee Harvey Oswald – il presunto omicida – dietro la finestra da cui si presuppone partirono i colpi che uccisero il presidente statunitense.
Lo scrive l’edizione online del Dallas Morning News. Il filmato, inserito in un documentario andato in onda sul National Geographic Channel, venne girato nel 1963 da Robert Hughes: riprende l’arrivo della limousine presidenziale in Dealey Plaza, teatro dell’assassinio del presidente. Un fotogramma, in particolare, è stato oggetto di numerose analisi poiché inquadra il Texas School Book Depository, il palazzo dove Lee Harvey Oswald lavorava e da dove avrebbe sparato i colpi che uccisero Kennedy. “Grazie al restauro – spiega Tom Jennings, produttore esecutivo del documentario – si intravede una figura dietro alla finestra da cui partirono i colpi. Io penso sia quella di Oswald”. Nel documentario, intitolato “The lost Jfk tapes”, sono stati inseriti anche altri filmati di quel giorno, tra cui soprattutto quello girato da Orville Nix, che riprese l’assassinio da una posizione opposta a quella in cui si trovava Abraham Zapruder
ANDREOTTI, DOSSIER SIFAR ARMA DELITTO? UNA LEGGENDA
Nuove testimonianze e analisi documentarie mettono ancora una volta in discussione le conclusioni della Commissione Warren sull’assassinio di John F. Kennedy, avvenuto il 22 novembre 1963 a Dallas: il presunto rapporto del Sifar sull’arma italiana del delitto è “una leggenda”, ha dichiarato all’ANSA il senatore Giulio Andreotti, all’epoca dei fatti ministro della Difesa. Dagli archivi Usa emerge poi un “Carcano gemello” del fucile italiano, che fu al centro delle indagini dell’Fbi.
La Warren Commission, che indicò nel 24enne Lee Harvey Oswald l’unico responsabile dell’assassinio, asserì nel suo rapporto finale che il fucile italiano – numero di serie C2766 – era unico al mondo, sulla base di una rapporto fornito dal Sifar, il servizio segreto militare italiano dell’epoca. Un “documento segreto” mai trovato nella sua versione originale: quello acquisito dalla Commissione, consegnato da Edgard J. Hoover in persona, metteva in bocca ad una “fonte confidenziale all’estero” un documento scopiazzato da una informativa della Cia di Roma relativa ad un rapporto interno del ministero della Difesa italiano, come emerso nel 2007.
Andreotti sul presunto dossier dei servizi italiani ha detto all’ANSA: “Ogni tanto sorgono, e continuano ad esser fatte circolare tutte queste leggende. Che il Sifar possa anche avere deviato, questo è vero, ma anche poi con il ridicolo… Ricordo – ha aggiunto – quando il presidente dell’Algeria mi disse: ‘Dica all’ammiraglio Martini di non mandare rapporti contro di me a Ben Ali in Tunisia, perché lui me ne dà copià. Andavamo al livello dell’operetta, altro che dei servizi segreti”. Dagli archivi Usa emergono poi ulteriori dettagli sulla presunta arma del delitto: l’Fbi, messa sulle tracce di un ‘fucile gemello’ – numero di serie 2766 – di quello trovato a Dallas, arrivò dopo mesi di ricerche in Canada, alla Empire Wholesale Sporting Goods Ltd di Montreal, la stessa che aveva esportato negli Usa, nel gennaio ’63, il revolver trovato addosso ad Oswald al momento dell’arresto. La Empire, scoprì l’Fbi, era controllata da un certo William Sucher, imprenditore alla testa della International Firearms, sempre di Montreal.
Il “Carcano gemello”, dello stesso modello di quello trovato a Dallas, con quel numero di serie tanto simile e con misure che rispondevano perfettamente a quelle dell’arma ordinata da Oswald per posta, metteva in crisi la tesi che la Commissione Warren si apprestava a sposare nel suo rapporto finale, ovvero che il fucile del delitto fosse “unico al mondo” poiché quel tipo di armi era identificato da una matrice lettere-numeri. Sucher, interrogato in proposito, testimoniò: “Lo stesso numero di serie compare su fucili diversi. Alcuni hanno una lettera come prefisso, altri no”. Il nome dell’imprenditore canadese era finito sotto la lente degli investigatori non solo per la pistola trovata addosso ad Oswald, ma anche in relazione ai proiettili utilizzati per assassinare Kennedy: una informativa dell’ufficio del controllo sui munizionamenti del dipartimento di Stato lo riteneva responsabile del traffico, illegale, delle cartucce Winchester rinvenute a Dallas. La cosa però non ebbe seguito. La Warren ignorò le indagini e decise di consegnare alla Storia la tesi del killer solitario.