Minivocabolario di Paolo Tebaldi
Perdita totale o parziale dell’appetito. Può dipendere o da una malattia organica o da problemi dell’anima derivanti da difficili rapporti affettivi. Si registrano numerosi casi di inappetenza dovuti a circostanze transitorie o a motivi innocui, come il seguire la moda, la voglia di differenziarsi o capricci momentanei. Ma quando il rifiuto del cibo, soprattutto da parte delle donne, ha cause profonde, allora le conseguenze possono tradursi anche in drammatici esiti letali.
Può succedere che bambine, soggette ad attenzioni eccessive da parte dei genitori, desiderino liberarsi dalla loro influenza e protezione e rinunciano agli alimenti come modalità di affermazione della propria indipendenza.
La cosiddetta anoressia mentale o nervosa è «uno stato patologico che insorge in giovani donne per conflitti di tipo emotivo, i più comuni dei quali riguardano l’accettazione del proprio ruolo femminile e per conflitti psicologici maturati all’interno del nucleo familiare e in particolare con la figura della madre» (Umberto Galimberti, Dizionaro di Psicologia, UTET, Istituto Geografico De Agostini).
Hilde Bruch, psichiatra statunitense di origine tedesca, studiosa delle patalogie del comportamento alimentare, ha parlato di fanciulle infelici che, non sentendosi realizzate, credono di trovare il successo, diversamente perseguibile, attraverso il dominio del corpo anche a costo di dolori tremendi e di mettere a repentaglio la propria vita. «Quando la pubertà espone la giovinetta ad una esperienza brusca e traumatizzante (…), la paziente non è in grado di sentire il corpo adulto che va assumendo come suo, perché troppo simile a quello della madre, da cui l’Io vuole ad ogni costo distinguersi (…) per identificarsi ad una imago corporea ideale, desessualizzata e acarnale».
A parte questi stati morbosi, di alterazione psichica la cui complessità non può essere trattata in modo esauriente in un semplice articolo di giornale, desta qualche perplessità il comportamento di quelle ragazzine, ma il discorso riguarda anche le non adolescenti, che o per gusto dell’eccentricità, per snobismo, o, al contrario, per seguire certe tendenze, si lasciano influenzare dalle immagini delle sfilate dell’haute couture o di periodici femminili e dimagriscono enormemente per raggiungere le stesse misure, le stesse dimensioni di modelle e indossatrici, spolpate, scheletriche, asfittiche, dalle taglie filiformi.
Parafrasando la sentenza latina medievale „melius abundare quam deficere“ (è meglio abbondare che scarseggiare), ricordiamo volentieri l’epoca delle matrone rinascimentali fornite di seni e atttributi fisici generosi, anche se occorre riconoscere che le fogge e gli stili contemporanei non hanno molto a che vedere con quei costumi. Ma, diciamo la verità, lo sguardo, il nostro gusto estetico non è forse soddisfatto di più dalla figura di una figlia di Eva ben tornita, con fattezze e curve piene, armoniose, piuttosto che dalla vista di una donna mingherlina, striminzita, esangue?