Il Consiglio nazionale liberalizza gli orari d’apertura nei negozi. Contraria la sinistra
Oggi le stazioni di servizio possono vendere alcuni prodotti, ma dall’una alle cinque di notte il personale deve chiudere parte del negozio. Esclusi sono i negozi lungo le autostrade e gli assi con “forte frequentazione di turisti”. Le leggi federali e cantonali limitano l’offerta alla vendita del carburante e ai servizi al bar. Il personale può essere occupato tutti i giorni e tutte le ore del giorno. Il parlamentare ginevrino Christian Lüscher (PLR), promotore dell’iniziativa parlamentare depositata nel 2009, ha detto che l’iniziativa riguarda i negozi delle stazioni di servizio aperti 24 ore su 24. “È assurdo e controsenso limitare la vendita dell’assortimento, poiché il personale è presente e ha il diritto di vendere solo carburante, caffe e panini, ma non prodotti freschi e surgelati”, ha spiegato Lüscher. Secondo i partiti borghesi si tratta di rispondere anche a un bisogno dei viaggiatori che transitano sulle strade principali o per chi vive di notte. L’abolizione della divisione dei prodotti non è l’unico passo. Il Nazionale vuole in generale permettere a più negozi nelle stazioni di aprire con orario notturno e domenicale, allargandolo alle stazioni di servizio dei grandi agglomerati e non di limitarlo soltanto a quelle situate sugli assi stradali “fortemente frequentati dai viaggiatori”.Giovedì scorso il Consiglio nazionale ha infine approvato l’iniziativa di Lüscher con 105 voti contro 73. Per la liberalizzazione hanno votato UDC, PLR, PBD e Verdi liberali e la maggioranza del PPD.
Contrari PS, Verdi, Partito Evangelisti e alcuni deputati PPD. La sinistra teme una deregolamentazione generalizzata degli orari di lavoro e ha annunciato durante il dibattito il referendum. Secondo il sindacalista UNIA, Corrado Pardini (PS): “È da anni che la destra borghese tenta di liberalizzare o flessibilizzare il lavoro di notte e domenicale. L’iniziativa è solo il primo passo”. Per la sinistra si tratta di una “salamitaktik”, il cui scopo è di introdurre una società “24 ore” per puro profitto e senza “rispetto per la vita sociale dei lavoratori”, ha spiegato Ada Marra (PS). Non sono numerosi i consumatori che farebbero uso delle nuove possibilità di acquisto, ha detto Louis Schelbert (Verdi) e “di fatto non c’è alcuna traccia di necessità”. In più c’è da notare la paura di una concorrenza sleale da parte del commercio al minuto e della ristorazione, poiché la revisione favorirebbe il consumo in periferia a scapito dei centri e dei quartieri. Si teme che la liberalizzazione degli orari di apertura dal lunedì al sabato si possa estendere anche al commercio al minuto, per garantire la corretta concorrenza. Lüscher, stupito dall’evidenza del referendum da parte sindacale, ha invitato a non sopravvalutare la decisione. “Non credo che in Svizzera ci sarà un mercato che permetterà di aprire tanti negozi in stazioni di servizio”. Dunque sarà il mercato a evitare un’esplosione selvaggia delle stazioni di servizio 24 ore su 24. I sindacati restano però sul piede di guerra e se il Consiglio degli stati non apporterà modifiche e dirà di sì, allora il referendum sarà sicuro.
Gaetano Scopelliti