Una settimana indimenticabile. Neve, blackout e terremoto hanno messo in ginocchio l’Abruzzo. Forti e gentili, gli abruzzesi non cedono
Domenica 15 gennaio le previsioni meteorologiche annunciano che in Abruzzo la sera alle ore 19 inizierà a nevicare intensamente per alcuni giorni. Come credere a quelle previsioni quando la temperatura è ancora mite? Invece, non appena si fa buio, scendono i primi fiocchi di neve. A bassa quota è ancora acqua, ad alta quota è già neve. Nel corso della serata, via via il paesaggio s’imbianca, una lieve coltre copre prati, alberi e case. Su facebook appaiono le prime foto con commenti entusiasti. Finalmente, la neve. Sì, quei fiocchi che per qualche magia riportano anche gli adulti alla loro infanzia e tutti diventano bambini. È notte. Gli abruzzesi vanno a letto. La mattina il manto nevoso è sorprendente. L’inverno è arrivato. Altro che effetto serra, altro che surriscaldamento del clima.
Lunedì è giorno di festa e nei negozi la polenta va a ruba. Martedì mattina mi sveglio al freddo. Accendo la luce. Non c’è. I termosifoni sono freddi. Mi affaccio alla finestra e vedo solo bianco. Qualcosa sta cambiando. La neve inizia a fare i primi danni. Non è ancora blackout. Gli smartphone sono attivi, si può telefonare, inviare e ricevere sms. Via via, si scaricano i cellulari e salta la rete internet. Siamo isolati, senza più alcuna informazione. Passo la serata a giocare a carte in famiglia nella speranza di tornare alla normalità mercoledì mattina.
Invece sarà un mercoledì nero. Alle 10.20 la prima scossa di terremoto, seguita a breve da altre due scosse di elevata intensità. In paese nessuno sa in quale località è l’epicentro. Accendo la macchina per sentire la radio, la benedetta radio: Aquila, Campotosto. Si apre un’altra faglia. Norcia, Amatrice, Campotosto, Vesso (Umbria, Lazio, Abruzzo e Marche). La grande paura cresce. L’appennino si sta aprendo: una parte si sposta verso nord-est di 2-3 cm l’anno; l’altra verso nord-ovest di 2-3 mm l’anno. L’onda sismica si propaga in tutte le direzioni. Mi assale l’angoscia, mi sento scoraggiato. È la fine. Poi, ti guardi attorno, vedi i tuoi cari e in un batter d’occhio tornano forza e ottimismo. I disagi si superano e la paura si sconfigge. La vita è preziosa.
Tragedia umana e disastro economico
Caduta nell’oblio nel corso del terremoto del 24 agosto che colpì Amatrice, l’Abruzzo è tornato alla ribalta con gli ultimi eventi naturali. Sfiancato da 5 mesi per lo sciame sismico in Centro Italia, che vede ben 14 comuni abruzzesi inseriti nel cratere (Campotosto, Capitignano e Montereale in provincia dell’Aquila; Teramo, Rocca Santa Maria, Valle Castellana, Cortino, Crognaleto, Campli, Castelli, Civitella del Tronto, Torricella Sicura, Tossicia e Montorio al Vomano in provincia di Teramo), lunedì 16 gennaio è iniziata l’apocalisse.
Un attacco spietato della natura con neve e terremoto ha colpito la provincia di Teramo e parte delle province dell’Aquila e Pescara. Tutto intorno al Gran Sasso, un massiccio di quasi tremila metri (2.912), il più alto degli Appennini. In meno di 12 ore, dal mare alla cima montuosa più alta si sono accumulati metri cubi di acqua e neve. Acqua e allagamenti lungo la costa abruzzese, neve e accumuli nevosi dai 100 metri di altitudine fino al Corno Grande, blackout totale e quattro intense scosse di terremoto di magnitudo superiore a 5.
In questo quadro la tragedia umana era annunciata. Qualcosa di terribile sarebbe potuto accadere ovunque nel raggio di 50 chilometri. È successo nel comune di Farindola, in provincia di Pescara. Ai piedi del Gran Sasso, il territorio di questo piccolo Comune si estende dai 500 metri di altitudine ai 1.200 metri di quota dove si trova il resort Rigopiano, frequentato e amato da tanti vip. Questo hotel, insieme a un’azienda agricola che produce un famoso formaggio pecorino, era il simbolo di Farindola. In decine di anni ha offerto uno sbocco professionale a tanti giovani. Ora non c’è più. Nel suo ventre hanno perso la vita ospiti e personale. Molti dispersi e solo alcuni si sono miracololosamente salvati.
Tante le polemiche in questi giorni, come sempre in Italia. Quell’albergo non doveva essere lì, a quella quota. Perché tenerlo aperto quando invece era stato ideato e realizzato per il turismo estivo? E perché non sono arrivati gli spazzaneve per permettere ai turisti di lasciare il luogo divenuto ad alto rischio con il sopraggiungere del terremoto? Lassù, da quelle parti, le nevicate sono spesso abbondanti. Quindi, l’effetto sorpresa neve non esiste. In molti hanno sottovalutato il rischio di slavine, come invece era stato previsto dal servizio meteorologico.
La tragedia non finisce a Farindola. Pensiamo ai comuni colpiti dal sisma: Montereale, Portola e Campotosto. Le quattro scosse sono andate ad aggravare la situazione di paesi già fortemente provati dai sismi precedenti e dalle forti nevicate degli ultimi giorni. Le strade bloccate dalla neve hanno reso difficile l’arrivo dei soccorsi e l’evacuazione degli abitanti. Tutte le operazioni notturne condotte al buio, senza corrente elettrica. E agli altri comuni della provincia di Teramo, dell’Aquila e di Chieti dove la neve ha superato i due metri di altezza. Non si tratta di un piccolo territorio, ma di oltre 7 mila km2, i due terzi di tutto l’Abruzzo. Quasi 6 mila chilometri di strade gestite dalle amministrazioni provinciali. Poi abbiamo le innumerevoli strade comunali e quelle nazionali. Un reticolo stradale di vastissime dimensioni difficile da gestire con i pochi mezzi a disposizione degli Enti locali. Un comune fra tutti, Arsita, in provincia di Teramo, rimasto 4 giorni senza corrente elettrica, con numerose contrade isolate dove non potevano arrivare alcun mezzo, solo l’elicottero, utilizzato per soccorrere i casi più disperati: anziani e malati.
È un disastro economico. Fabbriche scuole e banche chiuse, uffici pubblici non operativi, capannoni crollati sotto il peso della neve, rami e alberi rotti, colture agricole danneggiate, strage di centinaia e centinaia di animali. Con il blackout le famiglie hanno dovuto fronteggiare spese impreviste: candele, batterie e torce, generatori di corrente. È stato dichiarato lo stato di calamità, come nelle altre regioni colpite impietosamente dall’ondata di freddo. Dopo una settimana la paura è ancora tanta, perché se la neve si scioglie in troppa rapidità si verificano alluvioni e franano le strade. Resta l’allarme per nuove scosse di terremoto fino a magnitudo 7.
Gli abruzzesi forti e gentili
La reazione degli abruzzesi è stata lenta. Occorre dirlo. Prima presi di sorpresa, poi tramortiti dalla forza impetuosa della natura. Tra loro, anch’io, vissuto per tanti anni in Svizzera. Pur se la neve l’ho vista ripetutamente, sono rimasto davvero impressionato. Come non restare sorpresi e sbigottiti nel vedere un metro e mezzo di neve a 500 metri di altitudine? Abituati alle temperature miti, di giorno 8-10 gradi e di notte da 4 a 0 gradi, non immaginavamo uno sbalzo così forte, nonostante le previsioni annunciate dai servizi meteorologici.
Sono stati giorni che ci hanno mostrato il volto vero dell’Abruzzo. È una regione di grandi dimensioni con una densità di popolazione bassa, poco più di 120 abitanti per chilometro quadrato. In poco meno di un’ora si va dalla montagna al mare. È un territorio che conserva un aspetto selvaggio. Non tanto come nei ricordi che suscita il D’Annunzio in “Settembre, andiamo. È tempo di migrare. Ora in terra d’Abruzzi i miei pastori lascian gli stazzi e vanno verso il mare…” quanto più come appariva nell’immaginario europeo di metà ottocento, quando l’Abruzzo evocava sensazioni e passioni travolgenti in una natura impervia e abitato da gente “spontanea e primitiva”. In queste terre incognite, ancora oggi si conduce una vita vera e concreta, le cui genti conservano radici robuste, radicate in un territorio duro. Gli abruzzesi, forti e gentili, non cedono.
Attilio Tassoni