Le camere hanno approvato la proposta della Conferenza di conciliazione con l’aumento di 70 franchi delle rendite AVS e dello 0.6% dell’IVA per il finanziamento. Alle urne il 24 settembre
Il ministro della sanità, Alain Berset, vince la sua scommessa di volere unire 1° e 2° pilastro per riformare la previdenza vecchiaia e tira un sospiro di sollievo dopo oltre 170 ore di sedute preparatorie e dibatti. La soluzione proposta dalla Conferenza di conciliazione sulla riforma “Previdenza vecchiaia 2020” ha superato lo scoglio parlamentare. Passata agevolmente agli Stati, il “sì” del Nazionale alla soluzione di compromesso è stato di strettissima misura. La Camera del popolo ha ottenuto i 101 voti necessari, con i voti del PS, Verdi e PPD, con il sostegno dei sette deputati dei Verdi liberali, che hanno cambiato idea e ai due, determinanti, voti dei leghisti Lorenzo Quadri e Roberta Pantani, che hanno motivato il loro voto, ricordando che la Lega si batte per un aumento delle rendite AVS da quando esiste. C’è voluta dunque la Conferenza di conciliazione per appianare le divergenze, in particolare quella della discordia: il meccanismo necessario per compensare il calo delle rendite provocato dall’abbassamento del tasso di conversione dal 6,8 al 6,0% (l’indice che determina l’ammontare delle rendite). Nell’ultima giornata della sessione, le camere – era sufficiente la maggioranza semplice – hanno approvato definitivamente la riforma senza sorprese.
È passata la variante del Consiglio degli Stati che ha sostenuto il rafforzamento dell’AVS per compensare le riduzioni delle rendite. Sono due le misure di compensazione: un supplemento di 70 franchi sulla rendita AVS (da 2.350 a 2.420. franchi) e l’aumento del tetto massimo per i coniugi dal 150% al 155% (da 3.525 a 3.751 franchi). La riforma prevede anche l’innalzamento dell’IVA di 0,6 punti per sostenere l’AVS. Le altre novità sono l’innalzamento dell’età pensionabile delle donne a 65 anni, il pensionamento flessibile tra i 62 e i 70 anni, l’aumento di un punto percentuale degli accrediti vecchiaia prelevati sul salario per le categorie d’età 35-44 anni e 45-54 anni. Accantonata invece la proposta di aumentare automaticamente fino a 67 anni l’età pensionabile in caso di ristrettezze finanziare dell’AVS. L’ultima parola sulla riforma delle pensioni, che implica anche una modifica della Costituzione federale, spetterà al popolo e ai cantoni. Gli elettori saranno chiamati alle urne il prossimo 24 settembre.
I giochi non sono ancora fatti, ma Alain Berset ha espresso la sua soddisfazione per aver raggiunto l’85% degli obiettivi fissati dal Consiglio federale nel 2013. Berset ha osservato che la variante approvata in Parlamento costa meno rispetto all’originaria, mantiene il livello delle rendite e garantisce il finanziamento delle pensioni fino al 2030. “Adesso è tempo di analizzare il progetto nel suo insieme” ha detto Berset, convinto che il Parlamento ha creato buone premesse per spiegare l’importanza della riforma alla popolazione, senza sbilanciarsi sull’esito della consultazione. La riforma non è perfetta ma urgente, e le misure adottate per compensare l’abbassamento del tasso di conversione sembrano le più convincenti per ottenere il “sì” alle urne.
L’oggetto sarà di certo attivamente combattuto dall’alleanza sconfitta, formata da PLR e UDC, che non si dà per vinta e proverà a fare affossare la riforma alle urne. I due partiti borghesi di destra cercheranno di formare un comitato congiunto con le organizzazioni economiche, che avevano invitato a rinunciare all’estensione dell’AVS, perché creerebbe due classi di beneficiari. Il sistema dell’innaffiatoio per poveri e ricchi con il rafforzamento di 70 franchi dell’AVS porta “alla rovina del 1° pilastro senza gli adeguati freni al debito entro il 2030”. I politici borghesi non solo si schiereranno per il “no” durante la campagna per il voto, ma lanciano già il dibattito sulla riforma 2030. La pressione sull’età pensionabile di 67 anni aumenterà inesorabilmente, obiettivo per adattare la previdenza vecchiaia alla realtà demografica di una società che invecchia. Dai vincitori arrivano lodi, ma anche critiche alla riforma. I delegati delle organizzazioni sindacali UNIA e SSP/VPOD hanno sostenuto a malincuore la riforma. È stato accettato il pacchetto nel suo insieme, perché i 70 franchi AVS rappresentano un rafforzamento del 1° pilastro del 3-6%. L’opposizione interna è arrivata dalle sezioni romande che non sono pronte a fare sacrifici né sul calcolo delle rendite della cassa pensioni né sull’argomento principale che è l’aumento dell’età pensionabile delle donne a 65 anni. Per i fautori della soluzione del riassetto pensionistico, PS e PPD, non ci sarà un’opposizione interna e nessun tiro mancino alla riforma e l’appoggio dei sindacati è una sicurezza in più in vista della votazione di settembre.
Gaetano Scopelliti