Agghiacciante. Terrificante. Aberrante. Non ci sono termini esaustivi per spiegare bene la sensazione che può lasciare un omicidio come quello romano dei giorni scorsi che ha coinvolto tre giovani come tanti, due come carnefici e uno come vittima.
Lo scorso 4 marzo, Marco Prato e Manuel Foffo, due non proprio amici, piuttosto dei conoscenti accomunati dal desiderio di consumarsi in dissolutezze che hanno avuto la sfortuna di trovarsi e intendersi perfettamente, decidono di rinchiudersi in un appartamento al Collatino di Roma per un festino privato a base di droghe e alcol, durante il quale maturano l’idea di uccidere qualcuno.
Durante quei giorni e quelle notti alcuni prendono parte all’evento come invitati, non si capisce ancora bene se col tentativo di trovare la vittima giusta, fino a quando arriva Luca Varani, giovane 24enne amico di uno dei due, il malcapitato. Tra i carnefici l’intesa è istantanea e sancita da uno scambio di sguardi intenzionali, un superalcolico corretto con dei medicinali da’ il via al piano diabolico e al martirio di due ore del povero Luca, finito con 30 colpi tra martellate e accoltellate. Ma Luca, la vittima, di cosa è morto? Per cosa è morto? Solo per esaudire il capriccio di due giovani della “Roma bene”, così come sono stati definiti gli assassini, solo per il piacere di un brivido nuovo, di vedere l’effetto che fa torturare e uccidere un uomo? Non c’è una risposta a nulla che non si possa trovare nella violenza stessa.
La storia di questi due figli di papà richiama una sorta di Arancia Meccanica all’italiana dove la violenza esasperata dei giovani è il motore di tutto. Ci si indignava nel veder il film di Kubrick, ma una volta terminato si veniva invasi da quella piacevole sensazione di sicurezza appellandoci al fatto che tanto “è tutto un film”, una storia inventata, frutto di fantasia. Invece tante storie di oggi, come questa, ci pongono davanti una realtà anche peggiore. Kubrick, purtroppo, si è rivelato un profeta.
Incommentabili questi giovani d’oggi che per fortuna non rappresentano tutti i giovani, ma purtroppo sono quelli che riescono a rovinare la vita a tanti. In questo caso del giovane malcapitato e dei suoi cari che ora piangono questa terribile e assurda morte.
Vi prego non chiamiamoli insani di mente, non appelliamoci alla tanto usurata incapacità di intendere e di volere, perché i due carnefici intendevano drogarsi e fare del male e volevano uccidere qualcuno a tutti i costi e il movente è “per capire cosa si prova ad uccidere”. Chi si droga in questo modo, chi fa i festini a base di alcol, sesso e droga in maniera smisurata, volutamente incontrollata, è tanto consapevole quanto colpevole.
Il movente è stata la ferma volontà di uccidere, come ha dichiarato il primo dei due carnefici confessando il delitto, per dar sfogo ai loro sfizi sanguinosi e barbari.
Sono persone violente e come tali devono essere giudicate e condannate. Diamo una volta tanto un minimo senso di giustizia, un esempio di pena giusta e corretta in modo che un omicidio del genere e nessun altro omicidio possa passare per un momento di “giustificabile follia”.
Eveline Bentivegna
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