La Commissione della politica di sicurezza del Nazionale (CPS) chiede di concretizzare la messa in rete dei registri cantonali delle armi
L’ennesimo dramma della sparatoria di Daillon in Vallese, dove un 33enne ha ucciso a colpi di arma da fuoco tre donne e ferito due uomini, ha risollevato il delicato tema sul controllo e possesso delle armi in Svizzera. Argomento sensibile, che raramente trova una maggioranza nel mondo politico. La Commissione di sicurezza si occupa da diverso tempo del problema e ha discusso alcuni interventi sulla lotta contro l’abuso delle armi. Essa ha adottato una mozione per prevenire l’uso abusivo di armi militari, la quale chiede una modifica del Codice di procedura penale. La giustizia avrebbe l’obbligo di denunciare imputati potenzialmente pericolosi all’esercito, che in questi casi ritirerebbe l’arma. La Commissione ha anche chiesto al Governo una modifica di legge che permetta la messa in rete dei 26 registri cantonali delle armi, collegandoli fra loro e con le banche dati federali. “Con un solo click del mouse le autorità devono sapere se una persona è potenzialmente pericolosa”, ha spiegato la decisione il presidente della Commissione Chantal Galladé (PS).
L’idea non è nuova. L’iniziativa “Per la protezione dalla violenza perpetrata con le armi”, respinta dai cittadini nel 2011, aveva già fatto richiesta di un registro centralizzato delle armi. Idea che aveva trovato diversi consensi e la promessa di una banca comune da parte dei direttori cantonali di giustizia e polizia. In questi due anni non è successo però niente. Questo progetto permetterebbe la condivisione di informazioni, ma resta ambizioso, visto che manca la base legale per collegare in rete i registri cantonali e i sistemi informativi federali. Dal punto di vista tecnico esso risulta invece relativamente facile e potrebbe essere realizzato entro il 2014. Con questa lacuna legislativa esiste però il rischio di vedere “concretizzarsi l’idea soltanto entro il 2016”, ha spiegato Galladé. La mozione è stata approvata con 12 voti contro 7 e 2 astenuti e pare essere un compromesso tra chi vorrebbe evitare il possesso armi (a sinistra) e chi difende il principio dell’arma di ordinanza a casa (a destra).
Respinte invece due proposte che chiedevano misure più severe. Non ha trovato maggioranza (12 voti contrari contro 9) la proposta che proponeva la registrazione di tutte le armi in circolazione prima del 2008 e l’obbligatorietà del porto d’armi. “Più controlli porterebbero troppa burocrazia e non servirebbero a garantire maggior sicurezza”, ha affermato Galladé. Neanche l’iniziativa parlamentare dei Verdi liberali ha trovato il consenso della Commissione. Il testo esige la soppressione del «tiro obbligatorio» fuori dal servizio e il ritiro dell’arma personale alla fine di un servizio militare, se non sarà presentata richiesta al comandante in servizio dallo stesso militare per portare l’arma a casa. La Commissione si è espressa con 16 voti contrari a 8 contro l’iniziativa. Comunque le misure prese non sono abbastanza incisive e la questione sul controllo delle armi in Svizzera stenta a essere risolta. In un’intervista al “Blick”, il ministro di giustizia e polizia Simonetta Sommaruga ha richiamato i Cantoni ai loro doveri di controllo sulle armi, poiché essi “hanno un dovere nei confronti della popolazione”. Anche se complicata, l’operazione è fattibile e “deve essere portata a termine rapidamente”. Se il Parlamento approverà la decisione della Commissione, il Consiglio federale dovrà presentare alle Camere un messaggio per una modifica legislativa al più tardi entro l’autunno.