Il raffronto tra le foto del Polo Nord scattate nel 1979 e oggi mostra una situazione che fra pochi anni diverrà drammatica
I dati inviati dal satellite CryoSat dell’Agenzia spaziale europea (Esa), agli occhi degli scienziati che li hanno esaminati e studiati, sono apparsi allarmanti. Parte dell’opinione pubblica mondiale si era intimorita di fronte alla profezia dei Maya, rivelatasi, come prevedibile, un’autentica sciocchezza, ma non sembra dare peso, invece, al grido di allarme che da anni proviene dal mondo della scienza. Il messaggio è questo: la Terra si sta riscaldando. Certo, una parte degli scienziati dà la colpa all’inquinamento prodotto dagli scarichi delle automobili e dal riscaldamento prodotto dalle caldaie e da altre fonti di calore e di inquinamento, che provocando l’effetto serra, producono anche un aumento della temperatura al suolo. La colpa, intendiamoci, esiste, ma queste cause da sole non spiegano tutto. Buona parte del riscaldamento terrestre dipende dall’attività nucleare che avviene sul nostro Sole. Tuttavia, dispute a parte, un fatto è certo: il volume dei ghiacciai del Polo Nord si sta riducendo e non bisogna aspettare il 2050 perché si sciolgano tutti. Questo drammatico evento accadrà attorno al 2020, di qui a 7-10 anni.
Sarà vero? Purtroppo sì, e lo si può constatare mettendo a confronto la foto del Polo Nord scattata dal Satellite nel settembre del 1979 e quella scattata recentemente. Il raffronto è netto: la superficie dei ghiaccia del Polo Nord si è ridotta di ben 760 km quadrati, anticipando del 60% le stime precedenti, che, appunto, stabilivano attorno al 2050 lo scioglimento totale dei ghiacciai dell’Artico. Alcune vaste zone del Polo Nord si sono completamente sciolte, facendo posto all’acqua azzurra al posto degli iceberg.
Ecco la testimonianza di un divulgatore scientifico come Mario Tozzi, conduttore di Atlantide: “Questi ultimi dati confermano quanto era stato già ipotizzato nel rapporto Ipcc (il Pannello intergovernativo sul cambiamento climatico), del 2007. Quando gli esperti scrissero che il cambiamento previsto nel 2050 sarebbe potuto essere “stronger, faster and sooner” (più forte, più veloce e in anticipo), nessuno gli ha dato peso. Adesso ne abbiamo la drammatica conferma”. Aggiunge, tuttavia, Mario Tozzi: “Non è che all’improvviso nel 2020 si fonderanno i ghiacciai. Succederà che la temperatura degli oceani e dell’atmosfera salirà così velocemente che la fusione dei ghiacciai avverrà per ondate catastrofiche successive, che porteranno alla perdita dei ghiacciai antartici, allo spezzarsi definitivo del Polo Nord e alla remissione di tutti i ghiacciai dolomitici”.
Le conseguenze più immediate sono l’innalzamento del livello del mare, anche di due metri, il che farebbe scomparire vaste terre pianeggianti a livello del mare, come la pianura Padana e numerose isole e città sparse nei vari continenti vicino alla riva. Venezia sarebbe sommersa, ma anche Amsterdam e New York e parte di Napoli, tanto per citare le più famose.
A questo punto c’è da domandarsi cosa si può fare per fermare o quantomeno rallentare il fenomeno, e qui nascono i problemi, che sono di diversi ordini. Primo: nessuno vuole rinunciare alle comodità, anche perché esse stesse sono tante. Non c’è solo il riscaldamento delle abitazioni, c’è soprattutto quello prodotto dagli allevamenti, che è quello che provoca in gran parte l’effetto serra, e c’è quindi anche una scelta alimentare da fare (vegetali al posto della carne); c’è l’inquinamento industriale, che in molte zone (Cina soprattutto) ha raggiunto livelli da catastrofe sociale e sanitaria. I governi non riescono a mettersi d’accordo e quindi nessun cambiamento potrà invertire la rotta. Ma c’è di più: anche se diventassimo di colpo tutti bravi e rispettosi dell’ambiente, nessun abbassamento di temperatura potrebbe avvenire prima di cinquant’anni.
Non ci resta che sperare in un miracolo astronomico e intanto cominciare ad innalzare barriere protettive in tutte quelle zone di mare la cui superficie terrestre s’inoltra all’interno e non superi i due metri.