In condizioni meteorologiche favorevoli l’aliquota del Paese sul mercato mondiale potrebbe essere tra il 75 e il 90%, malgrado l’occupazione della Nato da oltre dieci anni
Da tempo ormai i giornali non parlano più dell’Afghanistan, tranne quando non succede un attentato di grandi proporzioni. Il silenzio, però, sarà sicuramente interrotto nel prossimo futuro, quando proseguirà il ritiro delle truppe Nato da tutto il Paese, dopo una guerra con i talebani che ha superato i dieci anni. Il ritiro definitivo ci sarà alla fine del 2014, ma per quella data il grosso degli eserciti di tutti i Paesi membri sarà già a casa. Cosa succederà? Che il Paese viva in pace e in concordia, nessuno lo pensa; che possa ritrovarsi in conflitto, molti lo credono; che possa essere terra di conquista dei talebani, è opinione generale, non solo degli osservatori internazionali ma anche degli afghani stessi. Appena gli americani avranno oltrepassato la frontiera, il Paese ripiomberà nella guerra civile e nel dominio di quei talebani che furono cacciati via dall’intervento delle truppe Nato agli inizi di questo secolo e millennio.
D’altra parte, che la guerra della Nato in Afghanistan sia stata un fallimento lo dice non solo la fretta con cui gli americani hanno voluto lasciare il Paese, ma anche una delle notizie che fecero suonare le trombe di guerra: la produzione di oppio e di altre droghe che servivano ai talebani per finanziare il governo e nello stesso tempo per avvelenare gl’”infedeli” occidentali.
L’Agenzia Onu contro il crimine e la droga (Unodoc) ha reso pubblico un rapporto allarmante: nel 2013 le superfici coltivate a papavero da oppio sono cresciute notevolmente, al punto da sfiorare il raddoppio, incrementando di molto la produzione e portando l’aliquota dell’Afghanistan ad una percentuale che va dal 75 al 90% dell’offerta mondiale. In pratica l’oppio e, in misura ridotta, altre droghe, vengono da lì. Se poi si scende nei dettagli del rapporto, si scopre che l’allarme è giustificato. Perché? Perché l’aumento considerevole delle superfici e della produzione è avvenuto in un periodo sfavorevole dal punto di vista meteorologico. Normalmente, più il clima è sfavorevole, minore è la produzione. Qui, invece, quest’equazione non c’è stata, segno che è aumentata sia la superficie che la produttività, che sono, appunto, un campanello d’allarme. Altro dettaglio: tutto questo è avvenuto quando la Nato è ancora nel Paese, figuriamoci quando lo avrà lasciato. E dire, poi, che secondo i dati ufficiali le autorità afghane proprio prima del rapporto Onu hanno distrutto 2 tonnellate di oppio, 400 chili di eroina, 1,2 tonnellate di morfina e 10 tonnellate di resina di cannabis, oltre migliaia di bottiglie di alcol. L’esercito afghano ha acquisito migliori conoscenze e strumenti per combattere il traffico di droga, addirittura “triplicando” la sua efficienza (per la verità ai minimi termini fino a qualche anno fa), ma se i risultati sono questi, c’è poco da stare tranquilli. Dunque, si può capire il pessimismo che grava sul futuro del Paese.
L’estensione delle superfici coltivate a oppio è passata da 154 mila ettari nel 2012 a 209 mila nel 2013, cioè più del 36% in più, che è un record che supera addirittura l’aumento eccezionale del 2007. La produzione del 2013 è stata di 5500 tonnellate, cioè 49% in più rispetto al 2012. Se si considera che il maltempo ha frenato la produzione, si capisce cosa succederà quando il tempo sarà favorevole: la produzione comporterà un affare di un miliardo di dollari, che rappresenta il 4% del Pil.
La presenza della Nato, dunque, non ha affatto eliminato la produzione della droga, ma la sta incrementando. L’anno scorso erano 17 su 34 le Province dell’Afghanistan dove non c’era produzione di droga, quest’anno sono diventate 15. Secondo il rapporto Onu, i coltivatori stanno aumentando la produzione proprio in previsione di un ritorno dei talebani, che diventerebbero i signori dell’oppio, dunque, devono darsi da fare per recuperare quanta più moneta possono.
L’anno prossimo alle elezioni presidenziali il presidente Karzai non potrà più ricandidarsi. Tra i nuovi pretendenti ci sono quelli che “dividono l’affare dell’oppio” proprio con i talebani. Insomma, oltre un decennio di occupazione potrebbero non essere servita a nulla.