L’Is aveva previsto la decapitazione di persone in luogo pubblico, la polizia ha potuto sventare l’attacco. Intanto sono stati liberati i 49 cittadini turchi presi in ostaggio a giugno
Con una massiccia operazione anti-terrorismo, che ha coinvolto 800 agenti a Brisbane e Sydney, la polizia australiana ha sventato un attacco dello Stato Islamico che prevedeva la decapitazione di una persona presa in ostaggio a caso in un luogo pubblico. L’allarme è scattato a seguito dell’intercettazione di una telefonata di Mohammad Ali Baryalei, australiano ai vertici dell’Is. Uno dei 15 fermati, Omarjan Azari, è stato già incriminato per aver complottato la realizzazione di un attacco terroristico sul suolo australiano. Un piano, hanno affermato i procuratori, teso a “scioccare, sconvolgere e terrorizzare” la comunità. Secondo quanto riportato dai media che citano fonti della polizia, il piano prevedeva che la decapitazione sarebbe stata registrata in un video poi diffuso su Internet come è stato fatto per i video delle decapitazioni degli ostaggi occidentali detenuti in Siria. Baryalei, un ex attore e buttafuori di locale, è accusato di aver reclutato molti australiani per combattere al fianco del gruppo islamico che vuole istituire un califfato in Iraq e Siria. Anche il primo ministro, Tony Abbott, è intervenuto sulla vicenda confermando, in una conferenza stampa, che “dirette esortazioni ad attaccare venivano da un australiano che appare essere un leader dell’Is con l’obiettivo di realizzare in Australia assassini dimostrativi. Quindi, non si tratta di un semplice sospetto, questo era il loro intento e per questo la polizia ha deciso di intervenire in modo così massiccio”. Intanto i jihadisti dello Stato islamico (Is) hanno postato sul Web un video in cui appare l’ostaggio britannico John Cantlie, nel paese da novembre 2012, il quale rivolge un appello affinché si parli dell’Is in modo corretto e senza fare disinformazione. Il video in inglese è intitolato ‘Lend me your ears’ (Datemi ascolto) e il giornalista vi appare in camicia arancione, seduto davanti a una scrivania. Nel video di tre minuti, Cantlie accusa i media internazionali di manipolare la verità sull’Is. “Vi dirò io – afferma – cosa muove l’Is veramente. Vi spiegherò perché altri ostaggi europei sono stati liberati, perché i loro governi hanno deciso di trattare, mentre Usa e Regno Unito li lasciano a sé stessi”. L’ostaggio spiega quindi che si tratta del primo di una serie di video che saranno diffusi dall’Is. “Dopo le due disastrose operazioni in Iraq e Afghanistan, perché i nostri governi vogliono essere coinvolti in un altro conflitto?”, si domanda quindi l’ostaggio, che chiede anche: “Penserete che io vi parli perché sono prigioniero? È vero, il mio destino è nelle mani dell’Is, non ho niente da perdere. Forse vivrò, forse morirò”.
Intanto, lo scorso sabato, sono stati liberati i 49 cittadini turchi presi in ostaggio a giugno in Iraq dalle milizie jihadiste dello Stato Islamico e sono tornati sani e salvi nel loro Paese. Lo ha annunciato il primo ministro di Ankara, Ahmet Davutoglu. “I nostri connazionali sono rientrati in Turchia questa mattina”, ha affermato Davotuglu in una dichiarazione trasmessa in televisione, senza fornire precisazioni sulle condizioni del rilascio dei 49 turchi, che erano stati sequestrati in occasione dell’assalto al consolato generale turco di Mosul. Le dichiarazioni poco precise su come la Turchia è riuscita a far liberare i 49 cittadini ha suscitato polemiche. “Ci sono cose di cui non possiamo parlare – ha detto il Presidente turco Recep Tayyip Erdogan e continua – Dobbiamo proteggere questi affari sensibili. Se non si fa, lo si paga”. Ad Ankara, un responsabile della Direzione per la gestione delle crisi e delle catastrofi naturali ha precisato che “al momento” sono 104.000 i curdi siriani arrivati in Turchia. “La frontiera è aperta ma solo in un punto, a Mursitpinar”, nel Sud-Est della provincia di Sanliurfa, “per organizzare meglio il transito, che prosegue”, ha spiegato il funzionario. “Al fine di procedere ai controlli sull’identità, di fornire il primo soccorso, vaccinare le persone, se necessario, è stato aperto agli sfollati siriani un unico valico”, è stato spiegato.
Per anni, scrive il Times, la Turchia si è impegnata per essere un esempio di democrazia islamica in Medio Oriente, attraverso la politica “zero problemi con i vicini” tenuta da Ahmet Davutoglu, recentemente diventato primo ministro dopo essere stato per anni il responsabile degli Esteri. Ora, invece – scrive il Times – il Paese è isolato e vulnerabile in una regione afflitta dalla guerra. Ankara è stata aspramente criticata in patria e all’estero per la politica delle frontiere aperte nei primi giorni della rivolta siriana: secondo molti osservatori, questa decisione avrebbe permesso l’ascesa dell’Isis. La Turchia credeva che le forze ribelli avrebbero velocemente deposto il presidente siriano, Bashar al-Assad, ma con l’evolversi della lunga guerra gli estremisti hanno beneficiato del caos. Nel frattempo, in Turchia è cresciuta l’identificazione dei giovani con l’Islam estremista dell’Isis, preferito a quello moderato del loro Paese. Così, i quartieri più poveri, come Hacibayram, ad Ankara, sono diventati degli importanti bacini di reclutamento per l’Isis: secondo i residenti, fino a cento persone avrebbero lasciato la zona per andare a combattere. Can, il ragazzo intervistato dal Times, è tornato a casa dopo tre mesi con due dei dieci amici, pieno di rimorsi: “L’Isis è brutale, interpreta il Corano come gli fa comodo. Allah non ha mai ordinato ai musulmani di uccidere dei musulmani”.