La notte dell’ultimo giorno dell’anno. Erano in tre. Mangiavano in cucina. Lentamente. Silenziosi. Loro due, e l’ospite che si era trattenuto in casa per dodici lunghi mesi. Lui sfuggiva il loro sguardo. Era chiaro che volesse andarsene quanto prima. Loro lo guardavano. Mancava una decina di minuti a mezzanotte. Ignorata da tutti, la televisione, in un angolo, lampeggiava immagini festose quanto inutili. Ormai l’anno era terminato. Loro, non riuscirono a trattenersi. Ci hai illusi, gli dissero. Avevi promesso prosperità, un futuro migliore, salute. Sei entrato nella nostra vita. Ti abbiamo dato quello che potevamo. Invece tutto è rimasto come prima. E adesso, guarda: non vedi l’ora di andartene. Vergognati. L’ospite taceva, con gli occhi bassi. Fissava il piatto oramai vuoto e che nessuno aveva piu’ voglia di riempirgli. E’ vero, avrebbe voluto replicare. Si era preso gioco di loro. Ma il suo agire rispondeva agli ordini del destino. Dovevano farsene una ragione. Tra breve il loro rancore sarebbe comunque finito: la mezzanotte era vicina. Bussarono alla porta. Improvvisamente. Colpi decisi, prepotenti. Il nuovo ospite voleva farsi aprire a tutti i costi. Loro si fissarono intimoriti. Si fecero animo e, tenendosi per mano, gli aprirono la porta. Lui, il nuovo arrivato, li fissava con aria di sfida. Fatemi entrare, disse con voce tonante e senza esitazioni. Ora tocca a me. Tutto andrà bene. Festeggiamo. Mettete in tavola quello che avete, senza risparmio. Ho fame: datemi pasta, carne, vino. Voglio essere in forze: la vostra vita cambierà. I loro sguardi si incontrarono. Decisero di accontentarlo. Di fidarsi, di illudersi ancora una volta. I loro sogni non si erano realizzati. Ne avevano sempre avuti molti. Forse piu’ di quanto la loro condizione non permettesse di ottenere. Per i figli, la famiglia, il lavoro. Perché non si sa mai, per tutto quello che ci porta ad affrontare il domani con serenità. Ma ne avevano realizzati pochi, troppo pochi: mentre il tempo continuava a scorrere inesorabile e i figli avevano lasciato casa. Aprirono la dispensa e iniziarono a cucinare per il nuovo ospite, che nel frattempo si era già seduto a capotavola e riempito il bicchiere. Lui era il nuovo anno. Come al solito accolto neanche potesse fare chissà cosa. L’altro ospite, silenziosamente, approfittando della confusione, se ne era andato. Senza salutare. Di lui, dell’anno passato, non interessava piu’ nulla a nessuno. Prima di uscire il vecchio e nuovo anno si erano comunque scambiati uno sguardo di intesa. A quei due era bastato poco per capirsi. Loro sapevano. Non importa che l’anno sia nuovo o vecchio. Siamo tutti comparse di un comune destino. Ci illudiamo basti una semplice ricorrenza per cambiare il corso delle cose, invece di riconoscere che è solo il nostro quotidiano impegno a costruire un avvenire. Capodanno. Da pochi giorni, da poco prima di Natale, era anche arrivata la nuova stagione.
Benvenuto inverno, unica immutabile realtà del loro tempo presente.
NL TOMEI