Una polemica dopo l’altra sulle intercettazioni al Quirinale e sulla trattativa Stato mafia del 1992-93
Una polemica dopo l’altra. In Italia è così, più che sui problemi concreti molti si concentrano sulla creazione e sulla tenuta in vita delle polemiche. Sta imperversando quella che all’inizio ha visto da una parte il capo dello Stato, che ha ritenuto di essere stato intercettato illegalmente dalla procura di Palermo, dall’altra, appunto, la procura di Palermo che ha dichiarato che è stata applicata la legge. In realtà, intercettando prima Mancino che parlava con il consigliere giuridico del Quirinale, Loris D’Ambrosio, morto poche settimane dopo per un infarto, poi lo stesso Mancino che parlava con il presidente (anche se le intercettazioni tra Mancino e Napolitano si riferiscono all’anno scorso), la procura di Palermo dice che l’intercettato era Nicola Mancino e non il presidente. Era Nicola Mancino perché sospettato di avere avuto una qualche parte nella trattativa tra Stato e mafia degli anni 1992-1993 in cui lo scambio era la fine degli attentati da parte della mafia e lo stop all’applicazione dell’articolo 41 bis (carcere duro) del codice penale ai mafiosi.
Fatto sta che secondo la legge quando ad essere intercettato compare un parlamentare o un rappresentante parlamentare delle istituzioni, l’intercettazione deve essere bloccata e distrutta o ritenuta nulla, ciò che non si è verificato da parte della procura di Palermo, tanto è vero che i contenuti delle intercettazioni sono stati divulgati. Le intercettazioni dei colloqui telefonici tra Nicola Mancino e Loris D’Ambrosio non contenevano nessuna notizia di reato, ma il solo fatto di aver intercettato il Quirinale e in precedenza addirittura il presidente della Repubblica ha profondamente irritato Giorgio Napolitano. La notizia delle intercettazioni è apparsa su Il Fatto quotidiano, il giornale di Marco Travaglio e Antonio Padellaro, i quali, evidentemente, hanno ricevuto la soffiata dall’interno della procura stessa di Palermo.
A questo punto, il presidente Napolitano solleva il conflitto di attribuzione tra i poteri dello Stato presso la Corte Costituzionale, atto che alcuni ritengono doveroso, altri no e va da sé che da parte della procura di Palermo il conflitto non esiste perché ritengono di aver applicato la legge. A questo punto si gonfia la polemica politica. Di Pietro si schiera con la procura di Palermo ed esprime pesanti giudizi su Napolitano con riferimento ai finanziamenti del Pci da parte dell’Urss. Il Pd difende Napolitano e rompe con Di Pietro che, con Vendola, era il secondo piede dell’alleanza di centrosinistra che si sarebbe retta anche sull’Udc ma solo in un secondo momento, cioè dopo i risultati elettorali. Il Pdl si divide tra coloro che appoggiano Napolitano e coloro che, pur facendolo, sottolineano che quando ad essere intercettato era Berlusconi nessuno si era alzato a difenderlo. Due pesi e due misure.
Non si sono ancora placate queste polemiche che Panorama annuncia un articolo in cui si sarebbe rivelato il contenuto (sottolineiamo: il contenuto, non il testo) delle intercettazioni risalenti ad un anno fa tra Mancino (nel frattempo rinviato a giudizio dalla procura di Palermo per falsa testimonianza) e Napolitano, in cui quest’ultimo avrebbe espresso giudizi negativi su Berlusconi, su Di Pietro e su alcuni pm della procura di Palermo. L’articolo, intitolato “Il ricatto al Presidente”, con foto in copertina, dà origine alla commedia dell’assurdo. Panorama assicura la veridicità di quel che scrive e ritiene che ci sia chi potrebbe ricattarlo con quelle notizie. Il presidente dichiara che “non è ricattabile” e chiede la solidarietà delle forze politiche (e l’ottiene da tutti, tranne che dall’Idv). Sulla storia del “ricatto” si buttano sia Il Fatto quotidiano che la procura di Palermo e qui, appunto, siamo all’assurdo: contro la presunta ricattabilità e a favore di Napolitano si schierano da una parte coloro che avevano accusato Napolitano rivelando le intercettazioni (Il Fatto quotidiano), dall’altra anche la procura di Palermo e quei pm che avevano intercettato Napolitano stesso. Nella foga delle accuse, si ventila l’ipotesi che dietro tutto questo polverone ci sia Berlusconi, visto che Panorama fa parte del gruppo Mondadori. Il direttore, appena dopo la pubblicazione dell’articolo, aveva detto che Berlusconi, come tutti i lettori, era venuto a conoscenza dell’articolo dopo la stampa, ma le voci non si placano. Dopo un paio di giorni, lo stesso Berlusconi emette un comunicato dichiarando la sua solidarietà a Napolitano, definendolo persona seria, leale e impeccabile e nello stesso tempo prendendo le distanze da quanto scritto da Panorama, aggiungendo che il capo dello Stato sta sperimentando sulla sua pelle quello che lui ha sofferto in tanti anni di attacchi mediatici e di accuse false.
Uno si sarebbe augurato la fine delle polemiche, ma niente. Nel caravanserraglio c’è posto per altri personaggi che più che con le opinioni dovrebbero parlare con gli atti e con i nomi e invece non lo fanno. Il procuratore di Caltanissetta, Sergio Lari, dice che “nelle stragi del ’92 c’erano menti raffinate”. Il giorno dopo, Piero Grasso, procuratore nazionale antimafia, rincara la dose: “Contro magistrati e Colle oggi c’è una destabilizzazione fatta da menti raffinatissime”, alludendo a “personaggi politici”, senza fare nomi, ma parlando di coloro che vogliono bloccare il cambiamento del Paese.
Non bisogna essere maghi per dire che le polemiche non si spegneranno tanto facilmente, anzi, che esse si alimentano di altre polemiche