E’ rottura tra Monti e il duo Casini-Mauro che volevano “dissolvere” Scelta civica in un nuovo soggetto alleato del Pdl-Forza Italia politico, mentre Berlusconi scioglie il Pdl azzerando le cariche
Strana vicenda quella dei partiti italiani: c’è stato un tempo in cui c’era la corsa – in verità molto a rilento, ma c’è stata – ad unirsi. Nel 2008 c’era il Pd partito a vocazione maggioritaria, l’unico ad essere rimasto unito, seppure solo formalmente, ma nessuno potrà prevedere il futuro con la vittoria di Renzi al congresso. C’era il Pdl, che raggruppava Forza Italia e An, quest’ultima divisa in tanti gruppuscoli e forse verso una nuova, seppure incerta, ricomposizione. Ora il Pdl sta per scomparire per ricomparire nella rinata Forza Italia, ma sicuramente perdendo il pezzo dei cosiddetti “governativi”. C’era una volta l’Udc di Casini, che nel corso degli ultimi 7-8 anni ha man mano perso pezzetti (Giovanardi, Follini, Pionati, Tabacci. Dopo la nomina di Monti a capo del governo nel 2011, Casini non vedeva che Monti e la sua agenda, al punto che all’inizio di quest’anno Casini (Udc), Montezemolo (Italia Futura), Mauro (ex Pdl) e Monti con il suo seguito di tecnici, formano un’unica lista denominata Lista civica. A pochi mesi dalla sua formazione, Lista civica, 10% circa alle elezioni, si è recentemente scissa in due gruppi: quello che si richiama a Monti e quello che si richiama al duo Casini-Mauro. Tanta fatica per semplificare, tanta velocità nel dividere. La costante della politica italiana è la frammentazione e il litigio.
Fatta questa premessa, veniamo ai nostri giorni. In Scelta civica volano gli stracci. Monti si sente “tradito” da 11 senatori capeggiati da Casini e Mauro e sono dimissioni. Monti sostiene il governo, ma è critico nei confronti della politica economica (“E’ il governo del disfare”). “Governo succube del Pdl”, dice, “si scrive Letta e si legge Brunetta”. In particolare si scaglia contro l’abolizione dell’Imu sulla prima casa, contro i pochi tagli alla spesa pubblica e il rinvio dell’abbassamento delle tasse. In realtà, si dimette per far esplodere il caso di un gruppo di senatori facenti capo a Casini e a Mauro che vuole “snaturare” Lista civica. Monti se la prende con chi vuole “dissolvere” Lista civica in un contenitore di centrodestra senza che il Pdl abbia fatto i conti con personaggi “ambigui”, Berlusconi in testa. In particolare, all’ex premier non va giù che i due “campioni di slalom” (Casini e Mauro) vogliano saldarsi con il gruppo di Alfano per fare un centro più allargato denominato “Popolari per l’Italia” e formare un’alleanza con Forza Italia, in modo da ricostituire la vecchia Casa delle libertà ma con Berlusconi azzoppato, così che la sfida all’interno del centrodestra se la contenderanno Casini e Alfano, appunto, con Berlusconi da semplice portabandiera per i voti di cui dispone. Monti, denuncia quest’operazione allarga il fossato tra lui e i suoi e il gruppo capeggiato da chi “si posizione col navigatore” (Casini) e da chi lo “ha pregato in ginocchio di prenderlo in Lista civica”.
La risposta dei due è polemica ma il fossato si allarga. Conseguenza: Casini e Mauro sono proiettati verso un nuovo movimento Udc-Popolari per l’Italia. Divisi, dunque, ma uniti nel sostegno a Letta, probabilmente Monti guarda a Renzi, mentre Casini e Mauro guardano verso Alfano.
E veniamo al Pdl, lasciato la settimana scorsa con un’unitarietà attorno all’unico leader, Berlusconi, riconosciuto da tutti e due i gruppi: i “governativi” (Alfano) e i “lealisti” (Fitto). In realtà, le differenze esistono: Alfano e i suoi vogliono moderazione e rispetto delle istituzioni, mentre Fitto e i suoi sostengono il governo ma difendono il loro leader dagli “attacchi” della magistratura e dalle mire del Pd che cerca di farlo decadere azzoppando sia lui che il centrodestra. Il gruppo di Fitto critica la legge di Stabilità ritenendola riformabile (come Monti) e non vuole essere succube del Pd.
Per un breve periodo le due anime sono state invitate da Berlusconi a mantenere l’unità del partito, ma qualcosa deve essere successo che ha convinto Berlusconi stesso ad accelerare i tempi per una resa dei conti. Questo qualcosa è stata l’elezione di Rosy Bindi a presidente della Commissione parlamentare Antimafia, posto riservato ad un rappresentante di Scelta civica (Sc). Siccome Sc non si è messa d’accordo al suo interno, il Pd, contando sulle opposizioni (Grillo e Sel) ha fatto eleggere, appunto, Rosy Bindi. La quale, sollecitata da tutto il Pdl (Alfano e Fitto) a dimettersi, ha risposto no, suscitando la reazione dei “lealisti” del Pdl che hanno constatato come l’alleanza con il Pd si stia risolvendo con prove di forza da parte del Pd stesso a suo vantaggio. In sostanza, Napolitano nomina senatori a vita tutti del Pd, Santanché non passa vice presidente del Senato per l’opposizione del Pd, la Bindi che viene eletta malgrado gli accordi siano altri, in più il Pd, alleato, è favorevole alla decadenza di Berlusconi, insomma, dicono i “lealisti”, con un Pd pigliatutto bisogna mettere le cose in chiaro. Di qui la mossa di Berlusconi di convocare l’Ufficio di presidenza del Pdl, deliberare lo scioglimento del Pdl in Forza Italia, sostenere il governo a condizione che ci sia il rispetto del programma e dell’alleato. All’Ufficio di presidenza non hanno partecipato Alfano e gli altri ministri, che hanno dichiarato di volere l’unità del partito ma nello stesso tempo vogliono vedere quale è la linea politica. Insomma, Berlusconi azzera le cariche, si riappropria del partito (Forza Italia) e apre la partita con il Pd. La ratifica della nascita di Forza Italia ci sarà a dicembre al Consiglio nazionale: è lì che si vedrà se ci sarà ricomposizione o scissione, quest’ultima più che probabile.