Berlusconi cerca il consenso attorno all’attuale capo dello Stato per la presidenza della Repubblica
Ed ora che sono stati eletti i presidenti di Camera e Senato, cosa succederà? E’ questo l’interrogativo dopo i festeggiamenti nel centrosinistra. Boldrini e Grasso erano stati scelti all’ultimo momento per evitare che i grillini potessero dire che Franceschini e Finocchiaro erano personaggi vecchi. La scelta di Grasso ha avuto un mezzo successo, nel senso che circa 12 senatori grillini, eletti in Sicilia e anche qualcuno in Calabria e in Campania, hanno rotto il muro dell’incomunicabilità ed hanno votato Grasso. E’ difficile dire se questo significa un’apertura anche in futuro oppure se si è trattato di un caso e basta. Resta il fatto che la breccia si è aperta e ciò permetterà a Bersani di chiedere a Napolitano mercoledì 20, quando inizieranno le consultazioni per l’incarico e la formazione del governo, di avere “una mandato pieno”.
Cosa vuol dire? Vuol dire che Napolitano ha la possibilità di conferire un incarico esplorativo, cioè chiedere, in questo caso al “vincitore perdente” delle elezioni, di verificare la possibilità di trovare una maggioranza. In caso negativo – e la graniticità del gruppo grillino al Senato lo lasciava sperare – significa che per Bersani non ci sarebbe stato più nulla da fare. Avrebbe fallito e non ci sarebbe stata per lui la possibilità di diventare presidente del Consiglio, incarico a cui non vuole rinunciare. Napolitano, poi, avrebbe dato l’incarico ad un altro esponente del Pd, in questo caso probabilmente a Renzi. O ci sarebbe riuscito Renzi a trovare in Parlamento una maggioranza (e Renzi probabilmente avrebbe aperto al Pdl) oppure Napolitano avrebbe formato un “governo del Presidente”, cioè un governo istituzionale, appoggiato da più partiti, tipo quello che formò dando l’incarico a Monti nel novembre del 2011.
Dunque, il mandato pieno che Bersani chiederà a Napolitano poggia sul fatto che il gruppo dei grillini al Senato potrebbe appoggiarlo. “Facciamo nascere il governo”, ha detto Bersani, “vedrete che andrà avanti”. Sembra difficile che il M5S possa dividersi di nuovo. Se lo facesse appoggiando Bersani (o qualsiasi altro), il Movimento perderebbe di credibilità presso gli elettori, e comunque al primo ostacolo il governo cadrebbe, ma a guidarlo alle elezioni sarebbe Bersani. Il quale si giocherebbe la sfida con Grillo accusandolo di irresponsabilità nel momento di grave crisi attraversata dall’Italia.
Se il gruppo di Grillo dovesse negare la fiducia, Bersani avrebbe comunque già fatto votare i presidenti di Camera e Senato, scelti, appunto, tra il centrosinistra, e farebbe votare il nuovo presidente della Repubblica sempre all’interno del centrosinistra. Insomma, Bersani, facendo l’asso pigliatutto, si sarebbe alienato l’appoggio dei Centristi e del centrodestra o del solo Pdl, trattati da ruota di scorta. Di conseguenza, Napolitano sarebbe obbligato a varare un governo del presidente a termine, al massimo due o tre mesi, con elezioni alla fine di giugno.
Vedremo cosa succederà da giovedì 21 in poi. Quello che però è successo prima delle elezioni dei presidenti di Camera e Senato è destinato a lasciare il segno. In altra parte del giornale si parla del tentativo di Monti di “salire in politica” chiedendo per sé la presidenza del Senato. L’elezione di Boldrini e Grasso, in realtà, hanno escluso Monti anche dal futuro più immediato. Napolitano ha bloccato le sue ambizioni, per cui Monti si trova isolato sia dal Pd che da Napolitano, in più è stato isolato in parte dai suoi parlamentari e comunque dal Pdl.
Infatti, Monti, dopo la bocciatura della sua candidatura al Senato da parte di Napolitano, ha garantito l’appoggio dei suoi senatori (18) alla candidatura Schifani – che probabilmente ce l’avrebbe fatta – ma la proposta, dai leader del Pdl, è stata ritenuta “indecente”, in quanto il sostegno a Schifani Mont lo condizionava ad una dichiarazione di Berlusconi di appoggio del governo Bersani dall’esterno e al sostegno del Pdl alla sua candidatura – quelli di Monti stesso – al Quirinale.
Ecco cosa ha dichiarato Giuliano Gazzola, ex Pdl passato a Monti: “Mi dispiace per Monti, ma Napolitano ha ragione. Anzi, sarebbe stato meglio che alle conclusioni del capo dello Stato ci fosse arrivato da solo, evitando una brutta figura davanti al Paese. Quando si sale in politica non si può pensare solo a se stessi e alla propria carriera”. La stilettata è pungente, tanto più che il presidente dei popolari europei, Martens ha cercato di convincere Monti a votare Schifani e che lui alla fine non l’ha fatto. Insomma, in Europa e nel Ppe le quotazioni di Monti sono crollate.
In conclusione, se il gruppo di Grillo al Senato non voterà la fiducia, scatterà una convergenza di interessi tra Bersani e Berlusconi, interessati tutti e due ad andare alle urne alla fine di giugno. Il primo con la sfida a Grillo di cui abbiamo parlato, il secondo, che chiede un presidente della Repubblica di garanzia e facendo il nome dello stesso Napolitano, con una campagna sulle delusione grillina e sull’occupazione del potere da parte del Pd e del centrosinistra.
Intanto, nell’ultimo mese ci sono stati ancora 10 mila negozi chiusi, il debito pubblico è schizzato a 2022, i 70 miliardi di crediti che lo Stato deve alle imprese non sono stati ancora pagati, la disoccupazione s’impenna paurosamente, la recessione è più pesante del previsto, e in Germania qualcuno non vede di cattivo occhio il ritorno alla lire. Insomma, la crisi per i politici di tutti i partiti non sembra essere all’ordine del giorno, né così pesante come era una volta.