Il titolare della Casa Bianca annuncia l’inizio dei negoziati di pace con i talebani, ma il presidente afghano ritira la delegazione dalla riunione e i negoziati vengono sospesi
Doppio colpo di scena al G8 in Irlanda del Nord, con gli Usa che annunciano l’inizio dei negoziati di pace tra le parti in Afghanistan sotto l’egida degli Usa e alcune ore dopo con l’annuncio del presidente Hamid Karzai che sconfessa i negoziati stessi.
Vediamo di seguire i fatti. Al termine dell’ultima seduta del G8, martedì 18 giugno Barack Obama fa un annuncio inaspettato ma clamoroso: “Inizia il processo di pace in Afghanistan”. Da Washinton due alti funzionari americani, confermano: “Fra 48 ore una delegazione Usa sarà in Qatar per organizzare il primo incontro con i talebani, finalizzato soprattutto allo scambio di prigionieri”. Contemporaneamente il Qatar fa sapere che “i talebani aprono un ufficio di rappresentanza a Doha” e Hamid Karzai annuncia l’invio di una delegazione dell’Alto Consiglio per la Pace in Afghanistan per “guidare i negoziati diretti con i talebani. A chiudere la serie di annunci clamorosi intervengono i talebani stessi che affermano di sostenere “una soluzione politica del conflitto per ripristinare la pace, vogliamo rapporti con la comunità internazionale”.
Dodici anni dopo, coloro che si sono fatti guerra, iniziano a siglare degli accordi di pace. Allora, capo del governo era il famoso Mullah Omar, colui che aveva fatto bombardare i volti di Budda ricavati dalle colline rocciose e colui che ospitava sul territorio afghano quell’Osama bin Laden che di lì a poco avrebbe organizzato l’attacco alla torri gemelle. Gli Usa, con Bush, chiede al Mullah Omar la consegna di bin Laden, il Mullah Omar rifiuta e inizia così l’operazione “Enduring Freedom”, con la forza d’intervento guidata dalla Nato (Isaf). Mesi dopo i talebani vengono sconfitti e devono lasciare le città, ma si rifugiano sulle montagne per contrastare la forza multinazionale che diviene operativa nel 2002 con i primi militari occidentali. Anche l’Italia partecipa con una forza che arriverà, con gli anni, a circa 4000 uomini, gli Usa con 100 mila uomini e con un totale Nato di 170 mila soldati.
Hamid Karzai diventa presidente dell’Afghanistan nel giugno del 2002, confermato nel 2009 e attualmente ancora in carica fino al 2016. Nel 2010 Obama annuncia il ritiro delle truppe entro la fine del 2014, con ritiri parziali già alla fine del 2013 a partire dal giugno dello stesso anno.
Nei colloqui preliminari alla riunione, è scritto che “i talebani si sono impegnati per iscritto ad evitare che in futuro l’Afghanistan possa essere usato per lanciare attacchi contro altri Paesi e a sostenere il processo di pace”. Questa dichiarazione, insieme all’altra sulla rottura tra i talebani e l’organizzazione terroristica Al Qaeda, è stata anche la premessa per poter aprire a Doha, in Qatar, un ufficio politico. Infine, un’altra premessa riguarda il “riconoscimento della Costituzione afghana e la protezione dei diritti delle donne e delle minoranze”.
E’ comprensibile come l’inizio di tutto questo processo sia stato un motivo di vanto per il presidente Obama che con questo annuncio si è guadagnato il palcoscenico internazionale. Ma, dicevamo, i colpi di scena sono stati due. Dopo alcune ore dall’annuncio di Obama, c’è stato quello di Karzai, che ha annunciato che la delegazione afghana non si sarebbe presentata alla riunione e che erano da considerarsi sospesi “anche i negoziati con Washinton per il mantenimento delle 16 basi americane dopo il ritiro delle truppe nel 2014”. In sostanza, l’ira di Karzai – che ha avuto come conseguenza la sospensione dei negoziati – verteva su una serie di punti ritenuti fondamentali. Il primo è che i talebani a Doha non hanno aperto un ufficio semplice, ma hanno esposto la bandiera di un “Ufficio politico dell’Emirato islamico dell’Afghanistan”, cioè una specie di ambasciata di uno Stato che non esiste. “Sono solo un gruppo di insorti”, ha detto il presidente, che si è sentito scavalcare dagli americani che hanno condotto le trattative come se lo Stato dell’Afghanistan non esistesse, mentre veniva legittimato quello, inesistente, dei talebani. Il secondo è che non sono state fissate le modalità dei colloqui, il terzo è che i talebani sarebbero stati legittimati prima del tempo, prima cioè che mostrassero la buona volontà con atti concreti di pacificazione.
L’inizio del processo di pace ha tutta l’aria di essere non una pacificazione tra le tribù afghane, ma un preannuncio di quello che sarà la situazione dopo la partenza degli americani.