Gli americani vogliono un accordo per la permanenza di 12 mila uomini addetti all’addestramento, il presidente afghano rifiuta. La Casa Bianca potrebbe ritirarsi prima del tempo
Contrasti tra gli Usa e Hamid Karzai, presidente dell’Afghanistan. Come si sa, entro la fine del 2014 tutti i soldati della Nato andranno via dal Paese, dove sono andati con l’operazione “Enduring Freedom” nel 2001, in seguito all’attacco alle torri gemelle e al rifiuto dei talebani di consegnare Bin Laden. All’inizio la missione militare contava 58 mila uomini, tra cui anche un contingente italiano. Poi, nel 2010 la forza militare Nato aumenta fino a circa 150 mila uomini (solo gli americani sono più di 100 mila). Nel 2011 Obama annuncia il ritiro di tutti i soldati entro la fine del 2014. Nel frattempo il contingente Nato è diminuito, tanto che oggi i soldati sono 58 mila.
Dov’è allora il contrasto tra gli Usa e il presidente Karzai? Entro la fine del 2014 non ci saranno più operazioni militari Nato in Afghanistan, però, per garantire la sicurezza e l’addestramento dei militari locali, la Nato vorrebbe lasciare 12 mila uomini con compiti, appunto, d formazione, altrimenti, appena andata via la forza multinazionale, i talebani avrebbero buon gioco a riprendere il potere che avevano esercitato fino al 2001 con l’applicazione della legge islamica e il clima da Medioevo che regnava in quel Paese. Dunque, perché i 12 mila uomini possano restare oltre il 2014, c’è la necessità di firmare un accordo, che è in discussione da mesi. Gli Usa vogliono firmarlo al più presto mentre Karzai no, vuole che se ne riparli dopo aprile, quando sarà eletto il nuovo presidente. Hamid Karzai è stato già eletto due volte, quindi non può aspirare ad un terzo mandato. Confidare nel nuovo presidente, si andrebbe troppo in là con i tempi, perché il progetto di formazione per essere messo in piedi ha bisogno di tempo e di certezze organizzative e politiche. Ad esempio, non sarebbero solo gli americani a restare con questi compiti, ma anche una parte degli italiani.
Di qui la pressione degli americani, che temono che Karzai in qualche modo voglia coprirsi le spalle con i talebani e voglia far fallire il progetto americano. Il quale progetto, se non realizzato, rischia di rendere vana tutta la missione internazionale. Se, insomma, i talebani ritornassero al potere in Afghanistan, i circa 12 anni di guerra per portare un po’ di sicurezza, di democrazia e di benessere sarebbero stati inutili.
L’accordo è già stato approvato dall’assemblea tribale degli anziani, lo stesso Karzai aveva a suo tempo dato una mano per l’approvazione del progetto di sicurezza, poi il voltafaccia.
In mancanza di tale accordo, gli Usa potrebbero decidere di ritirarsi prima della fine del 2014. Se gli Usa si ritirassero prima, anche la Nato sarebbe messa nella condizione di rinunciare per ovvi motivi di sicurezza militare. Insomma, qualora se ne andasse il grosso delle truppe, nemmeno quelle – scarse – di altri Paesi potrebbero restare, non ci sarebbe né motivo, né opportunità di svolgere qualsiasi missione con una percentuale, anche minima, di successo.
Questa condizione di incertezza pesa molto sulle decisioni di Paesi come la Germania, ma anche di altri che, data la crisi economica, potrebbero decidere subito di abbandonare l’Afghanistan a se stesso. L’Italia, ad esempio, ha da pochi giorni approvato il rifinanziamento della missione, ma nulla vieterebbe di porre fine alla missione se non ci fossero più le condizioni per proseguire. Dunque, Karzai, almeno finora, ha fatto e continua a far finta di nulla, gli Usa premono per sbloccare la situazione e l’incertezza regna sovrana. Gli Usa hanno fatto sapere che in caso di stallo, non solo ritirerebbero i loro soldati (costringendo gli altri Paesi a fare la stessa cosa) ma chiuderebbero per sempre tutti i finanziamenti a Kabul.
C’è dunque imbarazzo negli Usa per il rifiuto di Karzai di firmare l’accordo, che secondo lui sarebbe penalizzante per l’Afghanistan in quanto comporterebbe la possibilità di raid aerei anche contro civili in caso di sospetti seri su attività terroristiche; e c’è ostinazione da parte di Karzai a non cedere. E’ braccio di ferro, che potrebbe risolversi anche con delle sorprese.