Cosa prevede l’accordo
È lunga 585 pagine la bozza dell’accordo sulla Brexit che stabilisce il divorzio del Regno Unito dall’Unione europea, previsto per il 29 marzo 2019. L’accordo, che la settimana scorsa ha avuto il via libera dai 27 leader dell’Ue affronta, tra le altre cose, alcuni aspetti fondamentali come il periodo di transizione, i diritti dei cittadini europei che risiedono in Gran Bretagna dopo il 2019 e quelli dei cittadini britannici in Europa, gli impegni finanziari di Londra con l’Ue e le relazioni fra l’Irlanda del Nord e l’Irlanda.
Ecco di seguito i punti chiave dell’intesa:
Transizione
In base a quanto prevede l’intesa, il Regno Unito lascerà l’Ue il 29 marzo 2019, ma fino al 31 dicembre 2020 sarà mantenuta la situazione attuale, per quanto riguarda l’unione doganale, il mercato unico e le politiche europee. Durante il periodo di transizione il Regno Unito dovrà attenersi alle norme dell’Ue, ma non farà più parte delle sue istituzioni. Il progetto di accordo stabilisce inoltre che la transizione potrà essere estesa una solo una volta e per un periodo limitato, tramite un accordo congiunto. In questo caso la decisione deve essere presa prima del 10 luglio 2020.
Assegno di divorzio
La bozza di accordo stabilisce anche gli impegni finanziari che il Regno Unito dovrà assumere per uscire dall’Ue. Anche se la cifra non figura nel testo dell’accordo, per divorziare con Bruxelles il Regno Unito dovrebbe versare nelle casse europee almeno 39 miliardi di sterline (circa 45 miliardi di euro). Quest’anno, ricorda la Bbc, il contributo del Regno Unito al bilancio dell’Ue è previsto in 10,8 miliardi di sterline.
Diritti dei cittadini
Questo punto resta sostanzialmente invariato rispetto alla bozza iniziale dell’accordo. I cittadini britannici che vivono nel continente e i cittadini dell’Ue che vivono nel Regno Unito manterranno i loro diritti anche dopo la Brexit. I cittadini che prenderanno la residenza in un altro paese dell’Ue durante il periodo di transizione (compreso il Regno Unito) potranno restare in quel Paese anche dopo la transizione.
Questione Irlanda del nord
Fin dall’inizio del negoziato, sia Londra che Bruxelles hanno concordato sulla necessità di mantenere aperto il confine irlandese e impedire che il ripristino delle barriere fisiche tra Repubblica d’Irlanda e Irlanda del Nord compromettesse l’accordo di pace del 1998. Per questo si è deciso di ricorrere a un ‘backstop’, una clausola di salvaguardia. Il backstop dovrebbe garantire il mantenimento del confine aperto anche dopo il periodo di transizione post Brexit. In questo periodo si negozierà il futuro trattato commerciale tra Regno Unito e Ue che, secondo gli auspici, dovrebbe risolvere anche in modo definitivo la questione irlandese. Di fatto, non c’è nessuna garanzia che si possa giungere a un accordo e per questo è stata prevista la clausola di garanzia.
Il backstop concordato tra Londra e Bruxelles prevede che l’Irlanda del Nord resti allineata ad alcune regole Ue in tema di prodotti alimentari e standard sulle merci. In questo modo, non saranno necessari controlli doganali e di frontiera tra Repubblica d’Irlanda (che rimarrà territorio Ue) e Nordirlanda. I controlli saranno però necessari per le merci destinate all’Irlanda del Nord dal resto del Regno Unito, di fatto istituendo un confine nel Mare d’Irlanda. In questo scenario, è stato concordato di creare un territorio doganale unico tra Regno Unito e Ue, e l’Irlanda del Nord resterebbe in questo medesimo territorio doganale. Finché il backstop è operativo, il Regno Unito sarà soggetto a “condizioni di parità”, per garantire che non possa ottenere un vantaggio competitivo pur rimanendo nello stesso territorio doganale.
Adnkronos