Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha ordinato di sospendere la proposta del ministero della Difesa di impedire ai pendolari palestinesi che si recano a lavorare in Israele dalla Cisgiordania di usare per il rientro gli stessi autobus utilizzati dagli israeliani. Il divieto, che avrebbe dovuto avere inizio lo scorso mercoledì, era previsto nell’ambito di “un progetto pilota” di tre mesi sostenuto dal ministro Moshe Ya’alon, e avrebbe riguardato decine di migliaia di palestinesi. La proposta – che era stata accolta con favore dai coloni – ha provocato una grande levata di scudi in Israele e una dura reazione di esponenti politici, della società civile e delle organizzazioni per i diritti umani. Contrario si è detto anche il presidente Reuven Rivlin.
Circa 92.000 palestinesi hanno un impiego in Israele in modo legale o illegale, secondo la Banca centrale israeliana. Il Cogat, un organo del ministero della Difesa, ha indicato che circa 52.000 palestinesi sono titolari di un permesso di lavoro nello Stato ebraico. Il piano di Ya’alon prevede che tutti i palestinesi che si recano al lavoro in Israele tornino indietro, a fine giornata, attraverso i quattro posti di controllo in funzione, gli stessi attraversati al mattino in direzione opposta. Ya’alon ritiene che la misura, senza precedenti dall’occupazione della Cisgiordania nel 1967, concederebbe “più controllo sui palestinesi che entrano ed escono da Israele, riducendo i rischi di sicurezza”.
Ma il provvedimento, secondo l’organizzazione non governativa “Peace Now”, sarebbe umiliante e inutile. Per questo l’ong chiede non soltanto la sua sospensione – già decisa da Netanyahu, che secondo il suo ufficio politico la riterrebbe “inaccettabile -, ma la totale cancellazione. E l’argomento della sicurezza “è una scusa per cedere alle pressioni dei coloni che chiedono da anni che i palestinesi usino linee di autobus diverse dalle loro”, ha sottolineato Sarit Michaeli, del gruppo per i diritti umani B’Tselem.
Anche il presidente israeliano Rivlin – secondo quanto si legge su Haaretz – ha espresso la sua opposizione al progetto, accogliendo favorevolmente la sospensione decisa da Netanyahu. La misura, secondo il capo dello Stato, avrebbe creato “un’impensabile separazione tra linee di bus per ebrei ed arabi”. “Come uno che ama la terra d’Israele, mi sono rammaricato per le voci discordanti che abbiamo sentito questa mattina a sostegno della separazione tra ebrei e arabi”, ha insistito Revlin. “Tali dichiarazioni vanno contro le fondamenta stesse dello stato d’Israele ed hanno un impatto sulla nostra stessa capacità di stabilire qui uno stato ebraico e democratico”, ha aggiunto. “Tali dichiarazioni causano grande danno allo stato d’Israele e al movimento dei coloni. È importante ricordare che la nostra sovranità ci obbliga a dimostrare la nostra capacità di vivere fianco a fianco”, ha commentato ancora Rivlin.
Per il leader dell’Unione sionista, Isaac Herzog, “la separazione di ebrei e palestinesi su autobus pubblici rappresenta un’umiliazione senza giustificazione e una macchia sul Paese e sui suoi cittadini” che infiammerebbe il mondo “di odio verso Israele”. E se mai il provvedimento sarà autorizzato, allora si tratterebbe di “un altro errore del primo ministro”, che prenderebbe “una decisione miserabile che non ha nulla a che vedere con la sicurezza del Paese”. Il leader del Partito Meretz, Zehava Galon, ha parlato a sua volta di un’iniziativa simile a quelle intraprese durante “l’aparthaid”. “Separare le linee dei bus per palestinesi ed ebrei prova che la democrazia e l’occupazione non possono coesistere”, ha commentato.
Afp