Di plastica oppure ecocompatibili, usa e getta o ricaricabili. Davvero non riusciamo più a fare a meno delle capsule per il caffè?
Sono state inventate nel Canton Vaud da Eric Favre, un ingegnere specializzato in aerodinamica che, grazie al supporto della moglie italiana, ha trasformato radicalmente il mercato del consumo del caffè. L’ingegnere, stanco delle critiche sulla qualità del caffè svizzero pronunciate dalla moglie, si reca nel 1975 al celebre caffè Sant’Eustachio di Roma, uno dei migliori bar della capitale, dove scopre la formula perfetta per la produzione di un buon caffè: il trucco è nell’ossigenazione del caffè effettuato a scatti dall’acqua bollente. Nello specifico è una reazione chimica in cui a contatto con l’ossigeno i profumi e gli aromi del caffè vengono esaltati. Da qui nasce l’idea di una macchina che garantisca la massima aerazione utilizzando le famose capsule.
Già, le capsule. Sono colorate, non sporcano e soprattutto sono comode. Le capsule del caffè, in pochi anni, hanno conquistato il mercato al richiamo di “what else?”.
Eppure alla domanda fatta da George Clooney, una risposta a quel “Cosa si vuole di più” si potrebbe dare. Ecosostenibilità per esempio. Qualche anno fa le capsule della Nepresso erano talmente di moda a livello di packaging da essere trasformate addirittura in bijoux. Più per fare tendenza che per una necessità di riciclo. Ora il problema non può essere sottovalutato visto l’enorme consumo a livello mondiale. La presenza delle capsule nelle discariche cresce in modo costante e, c’è da sottolineare, che la maggior parte non sono riciclabili e finiscono negli inceneritori. La stessa Nepresso, dichiara il sito ilfattoalimentare.it, si accolla il costo del ritiro ma solo il 50% del venduto viene riciclato. Senza una corretta campagna di smaltimento queste capsule finisco inequivocabilmente insieme ai rifiuti secchi con un impatto ambientale considerevole. In commercio esistono anche capsule biodegradabili ma rimane il dubbio della fascia in cui vengono smaltite. Da Panorama si legge che la Lavazza, dopo aver commercializzato oltre due milioni di confezioni in plastica non riciclabile è passata alle cialde biodegradabili e compostabili fatte con una bioplastica che può essere gettata nell’umido secondo il principio dello “zero waste”. L’iniziativa è partita dai ricercatori del politecnico di Torino che hanno analizzato i fondi del caffè e la loro capacità di rigenerare nuovi materiali come biopolimeri, inchiostri, pellet, carta e funghi commestibili: 2 anni fa il comune di Milano in collaborazione con la Lavazza, ha raccolto 1500 kg di fondi di caffè e generato 150 kg di funghi!
Inserire 5 grammi di caffè in un imballaggio non biodegradabile ha quindi un impatto ambientale forte ma le alternative esistono. Per esempio le capsule ricaricabili! Si chiama Way Cap è compatibile con Nespresso e Dolcegusto, corredata da filtri intercambiabili e un caricatore manuale che assicura un tempo di riempimento di 20 secondi senza sporcare. Non inquina, non è di plastica ma di acciaio inox e non ci sono adesivi da incollare o rimuovere. Dal sito del produttore si garantisce un risparmio dell’85% del costo di una normale capsula monoporzione calcolando quindi circa 1000 euro all’anno di risparmio per una famiglia di 4 persone. Bella idea? Certo. Ma allora perché non torniamo alla cara, vecchia e analogica moka?
foto: compatible-capsules.com