Terminata la 69a edizione del Festival di Cannes tra clamori, abiti scintillanti ma soprattutto i premiati con i loro film impegnati nel sociale
Non è solo passerelle in abiti lunghi e serate mondane, il Festival di Cannes riesce anche a lanciare messaggi sociali e ideologici di un certo spessore come quando Ken Loach, sul palco per ritirare la Palma d’oro per il suo film di denuncia “I, Daniel Black”, rivolgendosi alla sala afferma: “Un altro mondo è possibile e necessario”.
Certamente un altro mondo è quello che ci vorrebbe, un mondo diverso da quello descritto dal regista ottantenne nel suo dramma sociale e umano che narra la vicenda di un uomo abbandonato dallo stato e vittima della burocrazia.
Loach, premiato da Mel Gibson, ha ricevuto una standing ovation e ha così spiegato meglio il suo concetto: “Ricevere questo premio in questa situazione storica è molto importante. Non dobbiamo dimenticare le storie dei personaggi che hanno ispirato il film. Ci troviamo in un mondo pericoloso dove il neoliberismo rischia di ridurre in miseria migliaia di persone. Il cinema è portatore di tante tradizioni, e fra questa c’è la protesta del popolo contro i potenti”.
Per quanto riguarda gli altri premi, abbiamo avuto un ex aequo per il premio alla Regia andato al romeno Cristian Mungiu di “Bacalaureat” e a Olivier Assayas con “Personal Shopper”, mentre il Grand Prix Speciale della giuria lo ha conquistato il 27enne Xavier Dolan, che ha lasciato una dichiarazione molto commossa e rotta dalle lacrime: “Ho sempre preferito la follia delle passioni alla saggezza dell’indifferenza” e spiega dei suoi personaggi che sono “a volte cattivi, a volte buoni, ma sono tutti feriti, vivono tra noi con paura. Nella vita si deve perseverare per essere amati, accettati’”.
Ad “American Honey” di Andrea Arnold, è andato il Premio della Giuria, anche questo un film sul sociale visto che si sofferma sul tema del precariato americano. La Palma per migliore attore è l’iraniano Shahab Hosseini, interprete di Forushande di Asghar Farhadi, il quale si è aggiudicato anche il premio per la Sceneggiatura, mentre la migliore interpretazione femminile è andata alla filippina Jaclyn Jose, protagonista del film “Ma’Rosa” di Brillante Mendoza.
La Camera d’or, il premio assegnato dalla giuria guidata da Willem Dafoe al miglior film d’esordio, è andata a “Divines”, ambientato nelle banlieue. Il film è firmato dalla regista franco marocchina Houda Benyamina che ha bloccato la platea per cinque minuti di entusiastici ringraziamenti e se ne è andata urlando “Cannes è nostra, delle donne!”. Infatti quest’anno la presenza femminile a Cannes non è stata solo un bel contorno alla premiazione, ma è stata partecipe e si è fatta notare. Ne è convinta l’attrice e regista italiana, Valeria Golino sostenendo che “nei film di questa selezione ci sia stata un’abbondanza di personaggi femminili interessanti e molti titoli che avevano donne per protagoniste. E poi ho visto grandi performance da parti di attrici anche in film che non mi sono piaciuti”.
Peccato che l’Italia quest’anno non era tra i nominati e dunque non concorreva in nessuna categoria, un brutto colpo per la cinematografia italiana, visto che solo lo scorso anno, invece c’erano ben tre film in concorso. Per fortuna, però il cinema italiano non era completamente assente, a parte la presenza in giuria di Valeria Golino, soprattutto il film di Paolo Virzì, “La pazza gioia” che ha partecipato alla Quinzaine, e che ci ha fatto fare una bellissima figura, come si vede dagli apprezzamenti della critica internazionale.