Voto favorevole alla nuova legge sul canone radiotelevisivo e alla diagnosi preimpinato. Sonore bocciature per imposta sull’eredità e borse di studio
Sul filo di lana il popolo svizzero ha accolto la modifica della Legge federale sulla radiotelevisione (LRTV), che prevede il passaggio a un prelievo generalizzato per tutte le economie domestiche e le imprese di una certa grandezza. E stato prospettato un abbassamento del canone radiotelevisivo da 462 a 400 franchi, estendendo l’obbligo di pagarlo a tutte le economie domestiche e alle imprese con un fatturato annuo superiore a 500 mila franchi. Inoltre ci sarà la fine dei controlli e alle emittenti private saranno aumentati i contributi. La votazione è stata molto risicata (mai così nella storia) e in bilico fino all’ultimo con una differenza di 3.696 schede e il 50.08% di votanti che hanno bocciato il referendum dell’Unione svizzera delle arti e mestieri (USAM). Dal punto di vista geografico favorevole la Svizzera romanda che ha approvato la legge in modo compatto, facendo pendere l’ago della bilancia verso il sì. I cantoni svizzero tedeschi hanno votato quasi tutto contro, favorevoli il canton Grigioni (50,9%), mentre in Ticino, cantone che approfitta del sistema di ripartizione, hanno prevalso sorprendentemente i contrari (52,0%).
Cambia il sistema di riscossione, ma il dibattito sul ruolo della SRG SSR rimane acceso. Sia i contrari sia i favorevoli dopo il voto di misura sono d’accordo sul fatto che una discussione sullo sviluppo del servizio pubblico debba continuare. Il parere è condiviso anche dalla ministra delle comunicazioni Doris Leuthard, che ha ribadito l’abbassamento del canone a 400 franchi a partire dal 2018 o 2019, quando il nuovo sistema potrà essere impiantato. “Adesso abbiamo la possibilità di usufruire di un sistema moderno e che costa meno per milioni di persone”. Sulla campagna elettorale la Leuthard ha fatto notare, come si sia parlato relativamente poco sulla modifica meramente tecnica del sistema di incasso del canone, mentre hanno dominato il ruolo e i contenuti del servizio pubblico. Per la ridefinizione del servizio pubblico, chiesta a gran voce dai partiti e dalle organizzazioni interessate, i lavori sono in corso ed entro metà 2016 il governo dovrebbe consegnare il suo rapporto al parlamento.
Via libera dagli svizzeri con ampia maggioranza alla legalizzazione della DPI, la diagnosi preimpianto. Scienza e ricerca hanno vinto la sfida contri valori tradizionali e religiosi e gli aspetti etici. La modifica dell’articolo costituzionale sulla medicina riproduttiva permetterà di realizzare anche in Svizzera esami genetici sull’embrione prodotto in vitro prima di impiantarlo nell’utero nel caso di coppie portatrici di gravi malattie ereditarie e di coppie che non possono avere figli in modo naturale. Il 61.9%% dei votanti e 19 cantoni e semicantoni su 26 hanno approvato la modifica per le basi legali per consentire di selezionare gli embrioni non affetti dalle anomalie genetiche dei genitori. Per il ministro della sanità Alain Berset invece “l’articolo costituzionale è abbastanza restrittivo e vieta la selezione di embrioni al fine di scegliere il sesso o caratteristiche fisiche. La maggioranza vuole la DPI, ma con chiari limiti”. Di parere diverso le organizzazioni che hanno combattuto la modifica. “Essa apre le porte ad abusi e alla distinzione tra persone degne di vivere e altre che non lo sono” secondo il Partito evangelico (PEV), che ha confermato la volontà di lanciare un referendum contro la legge di applicazione: “Il parlamento si è spinto troppo lontano e con questa legge la Svizzera diventerebbe più liberale di altri paesi negli esami genetici”.
Rispettati i pronostici sull’esito dell’iniziativa per un’imposta sulle eredità milionarie che chiedeva di introdurre una nuova imposta federale sulle successioni superiori ai 2 milioni di franchi e finanziare con il gettito fiscale l’assicurazione statale per la vecchiaia e i superstiti (AVS). Il 71% dei votanti e tutti i cantoni hanno respinto chiaramente il testo sostenuto dal Partito socialista, dal Partito ecologista, dal Partito evangelico e dai maggiori sindacati, che voleva combattere la crescente concentrazione della ricchezza in Svizzera. La bocciatura dell’iniziativa permette ai cantoni di mantenere la competenza su un’imposta sulle successioni e disporre delle proprie regolamentazioni. Il governo interpreta il chiaro “no” all’iniziativa come “l’appoggio della popolazione al corso del Consiglio federale e del parlamento sul sistema fiscale svizzero”, ha detto il ministro delle finanze Eveline Widmer-Schlumpf davanti ai media. L’accettazione avrebbe influito negativamente sul federalismo fiscale e sulla piazza economica svizzera. La delusione tra i promotori negli ambienti di sinistra per l’insuccesso è grande: “Sono stati decisivi i massicci mezzi di propaganda degli ambienti economici e dai partiti borghesi, che hanno posto l’accento solo sui presunti danni per le piccole e medie imprese (PMI) ”. Comunque la questione dell’equità sociale rima attuale, così come il tema sul finanziamento dell’AVS, quando il parlamento esaminerà l’iniziativa “Per un’AVS forte”, lanciata dall’Unione sindacale svizzera (USS).
Per le borse di studio non ci sarà l’armonizzazione. Le competenze di distribuzione restano dunque ai cantoni e secondo il ministro dell’educazione Johann Schneider-Ammann “il federalismo è un aspetto fondamentale del sistema delle borse di studio, poiché i cantoni conoscono meglio i bisogni dei loro studenti”. L’iniziativa che chiedeva di uniformare i criteri per la concessione delle borse di studio tramite il trasferimento della competenza normativa alla Confederazione è naufragata alle urne. I votanti l’hanno respinta dal 72.53% e da tutti i cantoni. Con il “no” entra in vigore il controprogetto proposto dal parlamento, che accelera l’uniformazione delle borse di studio: la Confederazione sosterrà solo quei cantoni che formalmente rispetteranno il Concordato sulle borse di studio, entrato in vigore nel 2013 e dove vi aderiscono 16 cantoni. Il comitato promotore si è detto deluso del risultato e invita la Segreteria di Stato per la formazione, la ricerca e l’innovazione (SEFRI) a “applicare il sistema minimo del controprogetto”. Inoltre l’Unione svizzera degli studenti universitari (USU) spera che “i Cantoni aderiscano al concordato per eliminare gli svantaggi di alcuni studenti che variano notevolmente da un cantone all’altro”. Il fronte dei contrari vede “salvaguardata la sovranità cantonale”. Le differenze sono una realtà e sono legate a fattori che variano a seconda dei cantoni e spetta, di fatto, al cantone disciplinarne modalità e condizioni adeguate.
Gaetano Scopelliti