Una denuncia di Marzia Maglio a Ballarò: le istituzioni sono spesso giungle di privilegi sconosciuti ai più
I presidenti di Camera e Senato si sono dimezzati i loro stipendi, ma per sapere se si tratta di vero dimezzamento, bisognerebbe appurare dove il dimezzamento si è appuntato: se solo sullo stipendio propriamente detto, che è una parte del reddito, oppure su tutto, indennità varie comprese, che sono la parte più cospicua. In ogni caso, il gesto c’è stato, magari sommando anche le pensioni ci si potrebbe accorgere che il sacrificio è minimo, ma, ripetiamo, il gesto c’è stato. E i deputati e i senatori? Anche qui, bisognerebbe sommare tutte le voci. Se lo si facesse, ci si accorgerebbe che i tagli sono minimi. Ma le esagerazioni non sono solo quelle dei parlamentari, ci sono gli stipendi dei consiglieri regionali, dei dirigenti amministrativi, di enti statali, parastatali, istituti vari, eccetera, che magari o non sono stati toccati o lo sono stati simbolicamente.
In ogni caso, abbiamo appreso dalla giornalista Marzia Magio a Ballarò che i dipendenti del Senato sono 800, cioè quasi tre per ogni senatore, e che quelli della Camera sono 1540, anch’essi quasi 3 per ogni deputato. Ebbene, c’è stato un tentativo di riduzione degli stipendi dei dipendenti dell’uno e dell’altro ramo del Parlamento e non c’è stato nulla da fare. Complici i sindacati, non sono stati toccati. Eppure, chissà perché, questi dipendenti sembrano essere speciali rispetto ai dipendenti di altre “comuni” amministrazioni. Entrare nelle categorie, classi e sottocategorie di appartenenze non ci se ne esce più, per cui dobbiamo procedere per gruppi. I dipendenti della “fascia di assistenza tecnico-operativa”, cioè commessi e barbieri entrano con uno stipendio lordo di 2482 euro al mese al Senato e 2338 euro alla Camera. Già questa differenza tra Camera e Senato per la stessa mansione risulta inspiegabile, ma quando si apprende che dopo un anno, per contratto, le paghe scattano rispettivamente a 2659 e a 3199, allora qualcosa non quadra. Se poi si prende in considerazione lo stipendio del quarantesimo anno di servizio, si scopre che l’ultimo stipendio dell’usciere è di 10.477 euro al mese. Avete capito bene: un semplice usciere prende diecimila e quasi cinquecento euro al mese, per 15 mensilità, cioè 157.500 euro all’anno! Le segretarie, quelle cioè che fanno fotocopie e mandano la convocazione ai membri delle commissioni e la relativa documentazione entrano con 3.048 euro al mese e finiscono con 12.627 euro, un po’ di meno alla Camera (11.949). I funzionari entrano con 3700 e finiscono con 17.000; i dirigenti entrano con 5.593 e finiscono con 27.885 al mese! Ovviamente, le mensilità non sono 13, come accade ai comuni mortali, ma ben 15, e non si sa bene perché. O meglio, lo si sa: sono le conquiste sindacali.
L’ex segretario generale del Senato, Antonio Malaschini, diventato con Monti Sottosegretario con delega per i rapporti con il Parlamento, è andato in pensione con un’indennità di 520.000 euro all’anno e con una liquidazione di 1.200.000 euro. Quando si dice la povertà. Si pensi che un altro dipendente della pubblica amministrazione con quarant’anni di servizio al massimo riesce a mettere insieme uno stipendio di circa 1500 euro al mese. Al Senato e alla Camera, chissà perché, i dipendenti possono andare in pensione a 51 anni, con una penalizzazione che va dall’1% al 4,5%, con una media di circa 8-9000 euro al mese. Nessuno li tocca, ci sono caste e caste. In decenni di protezionismo sindacale all’eccesso si scopre ogni giorno un pozzo di san Patrizio di privilegi, di impunità, di comodità insospettabili e chi dovrebbe mettere ordine non lo fa, semplicemente non lo fa, salvo poi piangere continuamente miseria.
I presidenti di Camera e Senato se davvero vogliono rappresentare una discontinuità rispetto al passato recente e remoto, devono cominciare a scardinare questi privilegi, altrimenti il loro gesto rimarrà un puro e semplice atto simbolico.