L’olfatto dei nostri amici a quattro zampe potrebbe rivelarsi molto utile per scoprire la malattia
“Se ti fiuto ti aiuto”: mai come in questo caso è stato vero il detto che vuole che il cane sia il miglior amico dell’uomo. Il motto, adottato per il progetto di ricerca per la diagnosi precoce del tumore al polmone, frutto della collaborazione dell’Istituto Europeo di Oncologia con l’Università degli Studi di Milano e con il Medical Detection Dogs Italy Onlus, racchiude in sé l’obiettivo della ricerca: riuscire ad ottenere una diagnosi precoce grazie alla capacità olfattiva dei cani, addestrati a riconoscere e segnalare la malattia. Ma come? Nelle persone ammalate di tumore esiste una massa di cellule che cresce molto rapidamente; queste hanno un loro metabolismo, che nella crescita rilascia delle proteine il cui odore può essere colto dai cani; annusando le urine di persone malate di cancro, i cani sarebbero in grado di capire e rilevare la presenza della malattia.
Dopo il progetto realizzato a Milano, un’altra ricerca svolta in Francia, al Centro Curie di Ricerca sul cancro di Limoges, sta puntando sull’addestrare i cani ad usare il loro fiuto per individuare le cellule tumorali, soprattutto nel caso di tumore al seno. L’idea è partita dalla dottoressa Isabelle Fromantine: “Le cicatrici dei tumori lasciano un odore sgradevole; stavo conducendo una ricerca per capire il motivo di questo odore e pensavo ad una soluzione ed ecco che ho realizzato che questa combinazione di profumi così intensi doveva essere collegata non all’infezione o al metabolismo della paziente, ma apparteneva al tumore stesso”, ha spiegato. L’acuità olfattiva del cane è tale da riuscire a discriminare sostanze anche a concentrazioni bassissime, come una parte su mille miliardi.
Numerosi studi hanno fin qui dimostrato che i cani possono essere così accurati nell’annusare vari tipi di cancro da raggiungere delle precisioni superiori al 90%. L’interesse per questa particolare metodica di indagine clinica ha avuto inizio nel 1989 quando due clinici inglesi, Williams e Pembroke, pubblicarono su Lancet un articolo che mostrava testimonianze di soggetti che avevano avuto segnalazioni di rilevamento di ‘anormalità’ da parte di cani sul proprio corpo. In particolare quello di una donna che aveva segnalato al proprio dermatologo l’‘interesse’ del proprio cane per un neo che si rivelò poi essere un melanoma.
Nel 2004 Willis e i suoi colleghi del Dipartimento di Dermatologia dell’Ospedale di Amersham nel Buckinghamshire, Gran Bretagna, descrissero la capacità di cani, addestrati opportunamente, di discriminare con grande precisone le urine di soggetti con tumore della vescica e della prostata rispetto alle urine di soggetti sani usate come controllo. Lo stesso anno, Pickel ha poi confermato la capacità dei cani di riconoscere e discriminare efficacemente i tumori della pelle.