Lo studio Eurocare-5 ha esaminato i registri di 29 Paesi dell’Unione per un totale di 9 milioni di adulti e 60.415 bambini
E’ stato pubblicato sulla rivista scientifica The Lancet Oncology uno studio, Eurocare-5, condotto dai ricercatori dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano e dell’Istituto Superiore della Sanità. Come si può facilmente capire l’argomento riguarda i tumori, un nome che solo pronunciarlo suscita paura.
Ebbene, i risultati di questo studio sono incoraggianti, perché in primo luogo è accertato che in Europa di tumore si muore di meno, in secondo luogo, che in Italia si sopravvive di più rispetto agli altri Paesi del continente. Dato lo stato della sanità in Italia, la notizia potrebbe sembrare incredibile, invece è così e la spiegazione c’è. Quello che in Italia, nella sanità, non funziona è l’aspetto organizzativo – causa di vari guai per l’ammalato – che riguarda gli ospedali in generale, ma bisogna aggiungere che nel nostro Paese abbiamo anche medici e ospedali d’eccellenza: tanto per citarne alcuni, lo Ieo (Istituto europeo oncologico) di Umberto Veronesi, l’Istituto dei Tumori, il San Raffaele (tutti a Milano), ed altri ospedali, in gran parte nel Nord Italia.
Ritornando ad Eurocare-5, i ricercatori hanno esaminato i registri di 29 Paesi dell’Unione europea per un totale di 9 milioni di adulti e 60.415 bambini diagnosticati tra il 2000 e il 2007, osservati fino al 2008. Da questi registri emerge che, appunto, le vittime in Europa sono diminuite e che si è ridotto anche lo squilibrio tra l’Europa dell’Est e quella dell’Ovest.
I medici hanno stabilito che la guarigione è accertata dopo che sono passati cinque anni dal responso. Quindi, se la malattia non si ripresenta entro quel lasso di tempo, il paziente è considerato guarito. In Italia, rispetto al resto dell’Europa, si sopravvive in percentuale maggiore, anche se i numeri variano in base al tipo di tumore. Per il tumore allo stomaco in Italia sopravvive il 32% rispetto al 25% della media europea; per il rene il 67% rispetto al 61%; per la prostata l’89% contro l’83%; per il colon il 61% contro il 57%; per la mammella l’86% rispetto all’82%.
Abbiamo parlato di “media europea” ma, come tutte le medie, esse contengono differenze tra Paese e Paese. Dette differenze sono meno nette per quanto riguarda il tumore alla mammella, al colon retto, alla prostata e melanoma; più nette, invece, sono quelle che riguardano i linfomi. Ecco il parere della dottoressa Roberta De Angelis, ricercatrice presso l’ISS: “La percentuale di sopravvivenza è però aumentata in tutta Europa. Questo grazie alla maggiore diffusione degli screening e ai progressi della cura. Anche se di meno rispetto al passato, tra l’Europa occidentale e quella orientale le differenze ci sono. Nell’Europa occidentale, i Paesi dove si sopravvive di meno sono il Regno Unito e l’Irlanda. Viceversa, i Paesi dove si sopravvive di più sono l’Italia, il Portogallo e la Spagna. E’ un po’ la rivincita dei Paesi del Mediterraneo nella sanità rispetto all’economia. I livelli elevati di sopravvivenza si registrano anche nei Paesi nordici (Norvegia, Svezia e Finlandia) ad eccezione della Danimarca, ma anche in Paesi come l’Austria, il Belgio, la Francia e i Paesi Bassi.
Rispetto al passato si sopravvive di più per quanto riguarda il tumore alla prostata, al colon retto e al linfoma non-Hodgkin. Dichiara la dottoressa Milena Sant, medico e ricercatrice dell’Istituti Nazionale dei Tumori di Milano: “Le ragioni delle differenze geografiche spesso non sono semplici da rintracciare. E non sempre a maggiori investimenti in sanità corrisponde una migliore sopravvivenza”.
Passiamo ai dati oncologici riguardanti i bambini tra 0 e 14 anni. Dopo i cinque anni dal responso in Europa si salva il 79% dei bambini, rispetto al passato c’è stato un aumento di tre punti. In Europa orientale si è passati da una sopravvivenza del 65% negli anni 1999-2000 al 70% negli anni 2005-2007.
Ultimo dato, non proprio esaltante, riguarda i bambini colpiti dal tumore al sistema nervoso centrale: malgrado i progressi la percentuale di sopravvivenza si è fermata al 58%.