Nell’agosto del 283 l’imperatore Aurelio Caro, dopo una vittoria sul tradizionale nemico persiano, viene colpito da un fulmine a Ctesifonte. L’esercito, da anni abituato a pronunciarsi sulla successione, ne acclama i due figli: Carino che si trova a Roma, e Numeriano. Da quest’ultimo i legionari reclamano la ritirata; ma durante il ritorno, il neo eletto viene ucciso dal prefetto Aper, a sua volta giustiziato dal generale Diocleziano, acclamato nuovo imperatore. Non riconoscendone però l’elezione, Carino da Roma gli muove incontro: ma mentre si dispone alla battaglia viene trafitto dal tribuno Aurelio, di cui aveva violentato e trucidato la moglie. La guerra civile è evitata; e Diocleziano, rimasto unico signore, si porta a Salona, nei Balcani, dove vivono la moglie Prisca e la figlia Valeria.
In questi stessi mesi, il catecumeno libico Ario, recatosi ad Antiochia per mettersi sotto la guida del vescovo Luciano, s’imbatte nelle tesi del deposto vescovo Paolo di Samosata, ex-tesoriere della regina araba Zenobia; e incomincia a sospettare che troppe argomentazioni capziose abbiano alterato lo spirito della rivelazione, dando origine alla riflessione che lo condurrà all’eresia condannata quarant’anni dopo nel Concilio di Nicea.
Ancora lontano da preoccupazioni di carattere religioso, e ben intenzionato a evitare che l’impero ripiombi nell’antica anarchia militare, Diocleziano nomina intanto suo cesare, e in quanto tale destinato a succedergli, il rozzo e violento Massimiano, sulla cui fedeltà però non nutre dubbi. E quest’ultimo affida la Rezia al generale Costanzo Cloro, richiamandolo da Naissus, in Mesia, dove si trova in licenza presso la compagna Elena e il figlio Costantino.
Durante una conversazione con Prisca, di cui ha colto l’insospettata freddezza, Diocleziano riconosce che, per quanto non provi avversione nei riguardi dei cristiani, al punto da avere affidato all’eunuco Doroteo l’educazione di Valeria, nutre però riserve verso il loro fanatismo e la loro ossessione di salvezza individuale. E Prisca, che invece simpatizza per loro e già si sente psicologicamente lontana dal coniuge, ne trae una nuova ragione di distacco. L’imperatore decide allora di recarsi a Nicomedia; e lascia a Salona un presidio al comando del tribuno Aurelio. In sua assenza, tra l’ufficiale e la principessa Valeria nasce un tenero sentimento: che Aurelio, cristiano, tiene a bada per fedeltà all’imperatore; e che viene spezzato quando Diocleziano richiede la famiglia a Nicomedia, mentre il tribuno finisce in Rezia, dove stringe amicizia con Costanzo Cloro.
Deciso a fare di Nicomedia la nuova capitale, l’imperatore vi compie grandiosi lavori di trasformazione, convocandovi poeti, filosofi e uomini di cultura: tra cui il retore Lattanzio, che vi giunge dopo uno scalo in Sicilia per conoscere il grande filosofo Porfirio, noto avversario del cristianesimo. Ma siccome i confini dell’impero sono sempre minacciati sul Danubio dai Sarmati, Diocleziano parte per una lunga spedizione contro di loro, mentre in sua assenza Prisca e Valeria si avvicinano al cristianesimo, fino ad accogliere il battesimo. Dopodiché prosegue per la Siria, dove il vescovo Luciano lo fortifica nelle sue riserve verso i cristiani. Ad Apamea, una lezione del filosofo Giamblico sull’eros gli schiarisce la natura dei suoi turbamenti affettivi; e a Palmira riceve la visita dell’indomito Paolo di Samosata, ormai vicino a morire: che gli confessa di aver avuto anni prima dalla regina Zenobia una figlia, Minervina, della quale lo supplica di volersi prendere cura.
Tornato a Nicomedia, Diocleziano, che già aveva sollevato Massimiano alla posizione di co-imperatore, mette a punto lo schema della tetrarchia, per cui ognuno dei due imperatori prevede un cesare destinato a succedergli: e sceglie per sé Galerio, e per Massimiano Costanzo Cloro. Mantenendo inoltre la parola data a Paolo di Samosata, fa venire in città la figlia Minervina, che subito suscita l’interesse di Costantino. Quanto al tribuno Aurelio, che da parte sua non ha mai dimenticato Valeria, ne riceve una scoraggiante lettera nella quale la principessa, pur confermando il suo “patto di fedeltà”, gli chiede di rassegnarsi all’evidenza che presto andrà sposa al cesare del padre, come previsto dal sistema tetrarchico. Analogamente Costanzo, per le implicazioni della nomina, deve sposare Teodora, la figlia di Massimiano, e lasciare Elena, a cui Aurelio porta una sua una lettera chiarificatrice. Ed è in quella occasione che, oltre ad apprendere che lo sposo di Valeria sarà proprio il rude e brutale Galerio, Aurelio incontra per la prima volta Elena e Costantino.
Intanto, ottenuta la pacificazione ai confini, Diocleziano può concentrarsi sulla politica interna, dove crescente preoccupazione gli suscitano i cristiani, verso i quali, lui da sempre tollerante, incomincia a manifestare sempre più insofferenza, suscitando i timori di Lattanzio, dell’architetto Donato, e dell’eunuco Doroteo. Ed è tra scontentezza, timori e attese, che giunge il giorno dell’inaugurazione della Tetrarchia, accompagnata dal doppio matrimonio di Costanzo con Teodora, e di Galerio con una rassegnata e infelice Valeria.
In quanto responsabile della parte occidentale dell’impero, è a Costanzo che tocca il compito di riconquistare la Britannia, che sotto la guida di un ex ufficiale romano è pervasa da un moto separatista. In sua assenza il cesare mette il figlio Costantino sotto la custodia dello stesso Diocleziano, che lo conduce con sé in una spedizione ad Alessandria: dove il giovane ha occasione di conoscere le esigenze della numerosa comunità cristiana. Quindi, dopo aver inflitto una pesante sconfitta al nuovo re persiano Narseh, che ha riaperto le ostilità, sordo agli incitamenti di Galerio, che vorrebbe sfruttare fino in fondo la vittoria, dopo aver stipulato un trattato di pace, l’imperatore inaugura a Nicomedia il rituale dei satrapi persiani, che gli consente di ritirarsi come una divinità, fino a pretendere l’adorazione dei sudditi.
Ma se i confini dell’impero sembrano per il momento pacificati, il movimento dei cristiani non smette di preoccuparlo sempre più. Tutta una serie di rapporti sul loro atteggiamento, e le continue insinuazioni di Galerio, gli hanno istillato il sospetto del loro pericolo, tanto che persino la moglie e la figlia ne sono adepte. E dopo aver indugiato a lungo, pur tra amari dubbi, nel febbraio del 303 decide di emanare il primo degli editti contro di loro. In ogni angolo dell’impero, con intensità diversa, si assiste allora a una carrellata di processi e scene di martirio. Nelle mani del giudice cade anche l’architetto Donato, al quale Diocleziano aveva affidato il progetto dell’immenso palazzo di Salona: dove infine, malato e stanco dell’inutile strage, decide di ritirarsi, costringendo a farlo anche il collega Massimiano.
La cerimonia di abdicazione, nel maggio del 305, consegna l’impero nelle mani di Galerio, che nomina come suo cesare lo scellerato nipote Massimino, accantonando Costantino, da tutti considerato il candidato più degno. Analogamente, Massimiano lascia il posto a Costanzo, di cui diventa cesare Severo. Quanto a Costantino, ormai saldamente legato a Minervina, da cui ha avuto un figlio di nome Prisco, fallita la nomina a cesare, chiede insistentemente di recarsi in Britannia presso il padre malato, che lo reclama da tempo al suo fianco. Ma siccome Galerio rifiuta di lasciarlo partire, una notte, presi con sé il figlio e la compagna, fugge a sorpresa. E dopo una sosta a Naissus per rivedere la madre Elena, alla quale affida Prisco e Minervina, procedere celermente il viaggio verso l’isola. Sbarcato in Britannia, a Londinium, incontra il misterioso messo che il padre gli ha mandato incontro, e nella cui persona riconosce l’ex tribuno Aurelio.