Nuovo primato in Svizzera: è stato effettuato il primo suicidio attraverso l’innovativa capsula “Sarco” che, però, risulterebbe essere “non conforme alla legge svizzera”. Scattano gli arresti e si riaccende il dibattito morale sulla pratica del suicidio assistito
Rispetto all’Italia, la Svizzera ha sempre avuto uno sguardo differente e più aperto all’idea di suicidio assistito, ma la penisola confinante, così come altri Paesi, hanno sempre fatto riferimento alla Confederazione elvetica per questa pratica. Non a caso è cresciuto quel fenomeno detto “turismo della morte” che sta ad indicare la decisione di molti stranieri di recarsi in Svizzera per poter accedere agevolmente al suicidio assistito. In Italia, sappiamo benissimo che la procedura del suicidio assistito è materia di forte scontro, dove è soprattutto l’Associazione di Luca Coscioni a portare avanti i diritti di chi vuole porre fine alla propria vita con dignità, riuscendo ad ottenere nel 2019 una sentenza dalla Corte costituzionale che decreta la possibilità di richiedere il suicidio medicalmente assistito, ovvero tramite l’aiuto indiretto a morire da parte di un medico e con criteri davvero molto rigidi per accedervi.
La situazione è diversa in Svizzera, dove sono anni che la pratica del suicidio assistito viene eseguita ed è non solo a larga scala accettata dall’opinione pubblica, ma anche regolata da precise disposizioni elvetiche. Nonostante le rigorose norme ristrettive, che possono scoraggiare chi ha deciso di porre fine alla propria vita attraverso il suicidio assistito, l’accesso a tale pratica comincia ad essere più diffusa e permessa in diversi Paesi oltre alla Svizzera. Sono 28 i Paesi in tutto il mondo dove è permesso accedere al suicidio assistito (secondo i recenti dati riportati dall’Associazione Luca Coscioni), ognuno seguendo le restrizioni del proprio ordinamento. Ma in questo settore la Svizzera, oltre che essere all’avanguardia, riesce sempre a provocare scalpore, come è accaduto con il primo suicidio attraverso “Sarco”, la capsula della morte.
Con “Sarco” si parte per l’ultimo viaggio
Dal design accattivante e futuristico, “Sarco” è l’ultimo ritrovato in fatto di suicidio assistito ed è stato presentato al pubblico solo lo scorso luglio. La capsula della morte dignitosa, infatti permette al richiedente del servizio finale di godere di confort e di poter scegliere anche il luogo e il panorama da vedere negli ultimi istanti della propria vita. Si presenta come una sorta sarcofago – da cui il nome “Sarco”- ma dalle linee assolutamente più moderne che lo fanno apparire quasi come una navicella spaziale – che richiama l’idea di viaggio per l’aldilà – la cui struttura permette di essere trasportata ovunque si voglia (in questo modo andrebbe incontro alle esigenze di chi non può muoversi o viaggiare), ed è munita di un vetro trasparente che permette di ammirare un particolare paesaggio – magari seguendo la volontà del cliente – negli ultimi istanti di vita. La moderna capsula della morte è stata creata dal medico australiano Philip Nietschke, fondatore dell’organizzazione Exit International, come un’evoluzione dei metodi tradizionali di suicidio assistito, con l’obiettivo di offrire una fine della vita più dignitosa e controllata dei metodi già esistenti.
Come funziona
La capsula della morte assistita inventata dal medico australiano, entra in azione attraverso un pulsante che viene direttamente premuto dal richiedente il suicidio assistito, dopo essere stato comodamente sdraiato su un lettino e rinchiuso dentro questa capsula. Dal momento che viene azionato il meccanismo, l’azoto liquido presente in un contenitore viene istantaneamente evaporato e immesso nel dispositivo. In questo modo, il livello di ossigeno all’interno scende sotto il 5% in meno di un minuto, provocando il decesso per asfissia da azoto nel giro di circa cinque minuti.
Il primo ultimo viaggio di “Sarco”
Il primo suicidio su “Sarco” ha avuto luogo in un capanno forestale a Merishausen, nel cantone di Sciaffusa. Qui ha scelto di accedere al suicidio assistito una cittadina statunitense di 64 anni che soffriva da molti anni di una serie di difficili problemi legati ad una grave deficienza immunitaria. Da almeno due anni la donna sentiva il desiderio di morire e i suoi due figli “erano completamente d’accordo” con la sua decisione, per questo si erano rivolti all’organizzazione “The Last Resort” che si occupa di casi come questo.
L’ideatore di “Sarco”, il dottor Nitschke, ha seguito la procedura dalla Germania, utilizzando un cardiofrequenzimetro e una telecamera piazzata dentro la capsula ed ha spiegato che al momento di premere il pulsante che avrebbe attivato il procedimento, la donna non ha avuto alcun ripensamento: “Quando la donna è entrata nel Sarco, ha premuto quasi subito il pulsante. Non ha detto nulla, voleva davvero morire. Stimo che abbia perso conoscenza nel giro di due minuti e sia morta dopo cinque minuti. Esattamente come ci aspettavamo”.
Secondo quanto professato da Exit International, “Sarco” sarebbe in grado di produrre una rapida diminuzione del livello di ossigeno, mantenendo un basso livello di CO2 e quindi permetterebbe di raggiungere le condizioni per una morte pacifica, persino euforica.
Denunce e arresti
Se il procedimento del suicidio assistito attraverso la capsula “Sarco” è andato secondo quanto prospettato dall’ideatore e dalla donna che ha richiesto il servizio, di contro l’uso di questo metodo non è stato ritenuto conforme alla legge svizzera.
Subito dopo che era stata diffusa la notizia del suicidio della donna americana, infatti, è stata la ministra della Sanità elvetica Elisabeth Baume-Schneider che, durante le interrogazioni in parlamento ha esposto la sua presa di posizione contro l’utilizzo della capsula “Sarco”, avviando un procedimento penale per istigazione al suicidio per diverse persone interessate.
Secondo la consigliera federale Baume-Schneider, “Sarco” non soddisfa i requisiti della sicurezza dei prodotti. Non dovrebbe quindi essere immessa sul mercato. In secondo luogo, l’uso dell’azoto non è compatibile con la legge sui prodotti chimici.
Tra le persone arrestate a inizio di settimana figurano il co-presidente dell’organizzazione per l’eutanasia “The Last Resort”, Florian Willet, due avvocati e un giornalista olandese che aveva accompagnato il primo impiego della capsula “Sarco”. Inoltre, gli agenti di polizia inviati sul posto hanno sequestrato la capsula, mentre il cadavere della persona deceduta è stato portato all’Istituto di medicina legale di Zurigo per l’autopsia. Nel frattempo il dibattito etico che riguarda questo tema tanto delicato quanto sentito, ovvero il suicidio assistito e la libera scelta di una fine dignitosa, è tornato a farsi sentire, perfino in un Paese come la Svizzera che è sempre stato considerato tra i più aperti alla questione, nonché punto di riferimento di tanti che lottano per il riconoscimento di una morte dignitosa.
Redazione La Pagina