
“Caro” non è il tradizionale incipit di una cordiale missiva che qualcuno invia all’amico per distrarsi dalla monotonia giornaliera, come il compianto Lucio Dalla cantava ne “L’anno che verrà“; “Caro” è il prezzo da pagare dopo aver ricevuto la lettera inviata da Trump dove l’unica cosa evidente è il “Danno che verrà” se non si trova rimedio. Quella messa in atto dal Presidente USA, infatti, è una guerra commerciale molto dannosa e a pagarne le spese – nel vero senso delle parole – sarà sicuramente l‘Europa. Di quanto? Attualmente si prospetta il 30% delle tariffe doganali, che tradotto in cifre significa un impatto economico sulle esportazioni italiane di circa 35 miliardi di euro all’anno (stime del Cgia di Mestre). Come intendono adesso muoversi gli Stati membri che hanno ricevuto la famosa lettera con la minaccia effettiva dell’aumento dei dazi doganali? C’è tempo fino al primo agosto per trattare e trovare un rimedio a questa bomba tariffaria.
Anche la Svizzera ha ricevuto la fatidica lettera con i dazi di Trump sui prodotti esportati negli USA, dove la tariffa è segnata al 31% (quindi maggiore rispetto all’UE), ma sembra che la Confederazione non voglia imporre nessuna contromisura diretta, invece ha messo in moto una serie di negoziazioni bilaterali con l’invio dei propri rappresentanti a Washington. I settori svizzeri che più saranno colpiti dai dazi Trumpiani sono quelli che più caratterizzano l’economia elvetica: orologi, cioccolata e formaggi e anche le tecnologie mediche. Ma la Svizzera è un Paese singolo che deve trattare per sé, diverso è il discorso quando parla di Unione Europea, che deve agire per conto dei 27 Stati membri.
Dunque, come ha intenzione di agire l’UE davanti a questa minaccia americana?
Per prima cosa l’UE mette di lato le ritorsioni europee, ma tiene aperta la porta delle negoziazioni per risoluzioni da trovare entro il 1° agosto. Nel frattempo la commissione UE studia e prepara ulteriori contromisure per rispondere a questa offensiva commerciale americana. Infatti, la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen ha parlato di un “doppio binario” con cui affrontare queste tariffe maggiorate, da una parte la diplomazia e dall’altra far intendere che eventuali contromisure saranno una possibile conseguenza.
Consideriamo, inoltre, che l’aumento tariffario arriva dopo che Trump ha imposto ai Paesi membri della NATO (quindi compresi quelli dell’UE) l’aumento delle spese militari fino al 5% del PIL, per questo l’UE non può permettersi di essere ulteriormente danneggiato dai dazi e di stare con le mani in mano, la cosa fondamentale è che si trovi una posizione uniforme da parte di tutti i Paesi.
Non è impossibile, infatti, che Trump voglia effettuare delle trattative individuali, ovvero voglia trattare con i singoli Paesi e trovare eventuali risoluzioni mirate, come ha fatto con Cina, Vietnam e Gran Bretagna. L’UE, infatti, è la più grande potenza commerciale al mondo e contrattare con l’intero blocco UE non è semplice come invece farlo con i singoli Paesi. Trattare con i singoli Paesi, inoltre non solo indebolirebbe economicamente l’UE, ma anche politicamente, poiché crea delle pressioni e fratture interne. Ricordiamoci che la politica commerciale comune è materia dell’UE, dunque gli Stati membri non possono fare accordi singoli. Trump però, per indebolire l’UE fa intendere la possibilità di giungere a dazi e tariffe più vantaggiose se le trattative diventano individuali.
I dazi di Trump, dunque, sono un attacco preciso sia economico che politico volto all’indebolimento dell’UE. Contro una grande minaccia come quella che arriva dagli USA, ci vuole un “esercito” comune che rimanga fermo e coeso e, nello stesso tempo, che rivolga lo sguardo verso altre strategie commerciali che considera nuove realtà economiche, in modo da non dipendere esclusivamente dal mercato USA. Ad oggi l’UE sembra aver intrapreso questa strada, ma c’è sempre una speranza che potrebbe essere una possibilità effettiva, cioè che la lettera di Trump sui dazi all’Ue, abbia solo un valore tattico nel negoziato. Il Presidente americano ci ha abituato a dichiarazioni shock e ripensamenti repentini, non sarebbe la prima volta, ma forse questa volta potrebbe costare “caro” anche a lui.
Redazione La Pagina