Le indagini sull’omicidio di Yara Gambirasio, a tre mesi dalla sua scomparsa e soprattutto a quasi due settimane dal ritrovamento del suo cadavere, sono passate dall’assenza di elementi nel quadro investigativo a un superlavoro di verifica sui molteplici indizi scaturiti dalla scoperta del delitto. Gli investigatori si concentrano in particolar modo sui risultati degli esami autoptici, non ancora disponibili, e sui nuovi controlli ai tabulati delle celle telefoniche della zona del ritrovamento, attività per le quali i tempi si starebbero dilatando.
Tanto che per le esequie della piccola Yara si prevedono tempi più lunghi di quelli che avevano fatto ipotizzare i funerali per la metà della prossima settimana.
Ma le indagini, che al momento non vedono l’affacciarsi di nuove piste e testimonianze, non escludono di verificare indizi meno rilevanti, come ad esempio i controlli su un gruppo di giovani e l’acquisizione delle multe della zona fatte a cavallo del 26 novembre, data della scomparsa di Yara da Brembate Sopra (Begamo).
Le contravvenzioni, infatti, possono, in casi fortunati, fornire elementi preziosissimi. Non a caso in questi giorni gli inquirenti hanno chiesto l’elenco di tutte le multe prese nei comuni della cosiddetta Isola Bergamasca nei giorni 25, 26 e 27 novembre.
L’interesse degli investigatori per le multe deriva dall’esperienza: chi commette un reato è in genere agitato, e può commettere imprudenze o manovre azzardate nella guida e venire sanzionato, o controllato. Le indagini non hanno mai escluso, inoltre, l’ipotesi che ad agire possa essere stata più di una persona, magari un branco, come ipotizzato anche da alcuni criminologi (anche se gli investigatori paiono orientati verso la tesi di un unico assassino).
Proprio in questi giorni si è saputo che per un certo periodo si è indagato su un gruppo di giovani nella zona di Zingonia (Bergamo) che alcune segnalazioni (tra cui una apparsa su “Chi l’ha visto”) avevano descritto come un possibile “branco”. I ragazzi, quattro o cinque, capitanati da un tipo alto e muscoloso, si trovavano spesso in alcuni pub della Bergamasca e sembravano formare una banda che, dopo la sparizione di Yara, aveva creato qualche sospetto tra gli avventori. Le verifiche compiute dai carabinieri, però, e in parte anche dalla polizia, hanno evidenziato che si trattava di “teste calde”, ma senza precedenti di rilievo e tutt’altro che probabili assassini. Di un gruppo di aggressori, invece, si ipotizza con certezza nell’omicidio del giovane dominicano Eddy Castillo, di 26 anni, ucciso il 16 gennaio a Chignolo d’Isola (Bergamo) massacrato di botte dopo essere uscito da una discoteca. Un omicidio ancora senza una soluzione per il quale, però, al momento, si tende a escludere un collegamento con la morte di Yara, a parte l’inquietante coincidenza del ritrovamento dei due corpi, uno nei pressi di una cabina elettrica, l’altro in un campo incolto, a meno di 300 metri l’uno dall’altro.
Intanto si cercano nuovi testimoni, ma anche informazioni utili alla ricostruzione di un puzzle che per certi versi resta indecifrabile. Si pensa che l’omicida possa essere del posto, ma ancora non si sa con certezza com’è stata uccisa Yara, dove e, soprattutto, perché. Ci sono poi gli esami effettuati in sede medico-legale sul corpo della ragazzina e sui reperti trovati nelle vicinanze del cadavere.
Infine ci sono le utenze telefoniche che gli investigatori stanno vagliando proprio in queste ore, nel tentativo di isolare quella dell’assassino di Yara. Sono quindici le celle telefoniche dislocate nei dieci chilometri che separano Brembate Sopra da Chignolo e ognuna di queste cattura migliaia di utenze alla volta. Scoprire se un telefonino abbia percorso un determinato tragitto nei minuti successivi alla scomparsa di Yara, non sarà semplice.
Oltre alle migliaia di dati da analizzare, c’è da considerare anche il fatto che non è semplice rintracciare il percorso di un’utenza telefonica, se da questa non partono o non arrivano telefonate o messaggi.
Sarà dunque un lavoro lungo, per il quale ci vorrà del tempo, sempre che l’assassino abbia davvero fatto subito quel tragitto insieme a Yara e che non abbia spento il suo telefonino, così come invece ha fatto con quello della ragazzina.
Intanto si è scoperto da poco che il profilo della dodicenne che alcuni giorni fa su Facebook si firmava come la migliore amica di Yara Gambirasio, sarebbe stato utilizzato da una persona, che al momento resta ignota, per scrivere dichiarazioni riguardo proprio al caso di Yara. La mamma della ragazzina, che ha già sporto denuncia, ha detto che il profilo era stato chiuso e che qualcuno se n’è impossessato per sfruttare l’identità della figlia.