Odissea di una trentina di coppie italiane che volevano adottare bambini in Kirghizistan
Amara conclusione di un iter internazionale di adozioni di bambini in Kirghizistan per una trentina di coppie italiane che hanno sborsato diecimila euro, più una serie di altre spese, per poi rendersi conto di essere state truffate da intermediari locali che hanno intascato i soldi e sono poi spariti.
Le coppie, provenienti da ogni regione d’Italia, hanno fatto la trafila burocratica affidandosi al Cai, Centro adozioni internazionali emanazione diretta del governo italiano, che ha provveduto a inoltrare le richieste in Kirghizistan. Fin qui nulla di male, tutto regolare, è la prassi, lunga molti mesi. C’è chi aspetta un anno, quando è fortunato, di solito gli anni sono anche tre, anche perché c’è da verificare se ci sono bambini adottabili, dove, come, e sottoporsi ad una serie di procedure. Adottare un bambino non è semplice, ed è normale che sia così, perché ci sono problemi sia prima che dopo, e un bambino non è un pacco postale. Oltretutto, l’adozione internazionale comporta esami obbligatori riguardanti la salute degli aspiranti genitori, per cui non ci sono solo quegli esami per verificare la buona salute, ma anche quelli riguardanti il comportamento, cioè l’assunzione di droghe, alcol, oppure malattie infettive. Tutte queste procedure avvengono in Italia e trasmesse al referente nel Paese di provenienza dei bambini.
Nel caso di cronaca specifico, si parla di coppie, come quella formata da Gabriella Falena e dal marito Maurizio, che ad un certo punto, dopo mesi di attesa, si vedono recapitare a casa le foto delle due bambine che presto saranno le loro figlie adottive. Ecco la loro testimonianza: “Io e mio marito eravamo felici. Quel giorno eravamo convinti di essere diventati genitori. Abbiamo dipinto la cameretta delle sorelle, le abbiamo iscritte all’asilo. Ricordo che durante un viaggio di lavoro a Copenaghen, ho riempito la valigia di Lego. E poi ho comprato vestiti, pigiamini, giochi. Lo ammetto, forse ho un po’ esagerato”. Le bambine avute in adozione, quelle delle foto, erano una di 5 e una di 4 anni, con nomi italiani, Claudia e Gemma, secondo i desideri dei genitori adottivi.
In genere, quando arrivano le foto, si può pensare alla data di partenza per recarsi, come hanno fatto loro (e non solo loro), in Kirghizistan, e precisamente a Bishkek, dove c’è un orfanotrofio. Ecco il racconto di Gabriella Falena: “La città è bellissima, montagne alte, aria limpida. Ci portano in questo orfanotrofio. Sconvolgente. Cinquanta bambini ci corrono incontro. Avevamo caramelle, biscotti e bolle di sapone, ma non bastavano per tutti. Urlavano: “Mamma, mamma!”. E’ stato micidiale, non riuscivamo neppure a trovare le nostre sorelline. Ma c’erano. Le hanno portate fuori. Sono venute con noi in albergo. Abbiamo passato una settimana insieme”. E’ a questo punto che compare il mediatore locale, il signor Alexander Anghelidi, che come prima cosa chiede 1500 euro in contanti, malgrado il regolamento prevedesse il pagamento tracciabile. “Il mio sesto senso mi diceva di fare attenzione”, aggiunge Gabriella Falena, “Ma in quei momenti non prevale la razionalità. Abbiamo nutrito Claudia e Gemma, hanno imparato le prime parole in italiano. Ci chiamavano mamma e papà. Abbiamo pagato diecimila euro per ogni sorella, poi è arrivato il giorno del notaio. Il momento cruciale. Quello in cui si firma una secondo atto di nascita delle bambine. L’intermediario era al nostro fianco. Ma abbiamo dovuto fare in cinque minuti. Il documento era in cirillico, l’interprete nemmeno l’ha tradotto… ma ci hanno detto che era tutto a posto”. Da quel momento deve passare un mese prima che l’adozione diventa effettiva: bisogna vedere se insorgono ostacoli, dopo di che un giudice dichiara inappellabile l’adozione e via con i figli adottivi.
A Gabriella Falena e a Maurizio, così come a ciascuna delle altre 29 coppie, è stato detto che potevano anche restare, ma che non era il caso. Così i neogenitori sono ripartiti per l’Italia, ciascuno a casa propria, dove fervevano i lavori di preparazione per accogliere figlie e figli.
Il resto lo si può immaginare. Passano i giorni, un mese, altre settimane, le telefonate si susseguono, ma gl’interessati non si fanno trovare, fino a che le coppie capiscono di essere state truffate, anche perché l’intermediario risulta essersi volatilizzato, mentre si scopre che i dirigenti dell’orfanotrofio assegnavano gli stessi bambini a più coppie e insomma che era tutta un truffa.
Succede anche questo in città e Paesi incontrollabili.