Il magistrato giudica contraddittorie le conclusioni dell’indagine sul delitto di Avetrana
Come se non bastasse la sentenza di appello di Perugia per il delitto di Meredith Kercher, che ha ribaltato la sentenza di condanna in primo grado per Amanda e Raffaele e di fatto ha messo sotto accusa gli esperti della Scientifica per prove di colpevolezza che poi non erano tali, è scoppiato anche il caso Avetrana. La Cassazione ha giudicato raffazzonata l’indagine dei pm. In sostanza, a un anno esatto dall’arresto di Michele Misseri e, pochi giorni dopo, di Sabrina sua figlia (l’arresto di Cosima Serrano, madre di Sabrina e moglie di Michele è di qualche mese fa) il Gip dice che non c’è un colpevole definito (è Sabrina? È Cosima? È Michele?), non ci sono prove della colpevolezza di ognuno dei tre o di qualcuno di essi e che non si sa né dove fu uccisa Sarah Scazzi, né come. Insomma, fu uccisa nel garage, come dice Michele Misseri, o in casa o anche altrove, come ipotizzano gli inquirenti? Una cosa è certa: tutti i rilievi eseguiti in garage (cantina) e in casa non hanno dato nessun risultato, come nessun risultato è emerso dall’analisi della macchina di Cosima; nessun ritrovamento della cintura o dello spago con cui sarebbe stata strangolata la povera Sarah. Di sicuro c’è solo il ritrovamento del cadavere, per il resto tutto è confuso. Lo stesso Michele Misseri ha cambiato versione più volte, prima autoaccusandosi, poi accusando sua figlia, successivamente dichiarando l’innocenza di Cosima e di Sabrina riaccusandosi dell’atroce delitto. A questo punto è d’obbligo una domanda: come hanno condotto le indagini i pm? Perché il garage o la casa dei Misseri non furono perquisiti e sottoposti a sequestro appena si seppe che Sarah era uscita da casa sua per andare da Sabrina? Il rigore dei magistrati inquirenti esce a pezzi da questo caso che, l’abbiamo detto all’inizio, è in numerosa compagnia. Prendiamo il caso di Chiara Poggi. Dopo mesi e mesi di prigione, l’ex fidanzato di Chiara fu scarcerato e assolto dall’accusa di omicidio. Dopo mesi e mesi di accuse e di professione di innocenza, si scopre che il computer di Alberto Stasi fu manomesso (involontariamente, si dice) da un carabiniere che doveva esaminarlo, come un carabiniere scivolò su una macchia di sangue rovinando la possibilità di fare rilievi corretti. Per fortuna fu possibile ripristinare la condizione pre-manipolazione e fu allora che si scoprì che Alberto aveva detto la verità, cioè che lui stava in casa sua a lavorare al computer quando Chiara veniva uccisa nella sua villa distante alcuni minuti di auto. Ma lo stato pietoso della giustizia lo stanno dimostrando la procura di Napoli e Bari a proposito dell’inchiesta Tarantini, Lavitola, Berlusconi. A Napoli, che non ha nessuna competenza territoriale, prima hanno incriminato Tarantini e Lavitola per estorsione nei confronti del premier, poi è stato il premier ad essere messo sotto accusa per aver effettuato presunti pagamenti ai due in modo da condizionarne la testimonianza. Poi viene emesso un mandato di arresto nei confronti di Lavitola (che è all’estero). Quando Napoli viene spogliata dell’inchiesta in quanto non competente territorialmente, la procura si oppone, ciò costituisce un fatto inusuale. Passando poi gli atti a Bari, gli indizi su Lavitola vengono giudicati dal pm non gravi, tanto che chiede il ritiro del mandato di arresto, ma per il Gip le cose stanno diversamente e ne ordina di nuovo l’arresto. È incredibile: pm che si contraddicono tra di loro e Gip che li smentiscono. Senza contare che spesso le accuse dipendono da chi viene accusato. Clamoroso è il caso del premier, che viene accusato di concussione ai danni del funzionario della questura di Milano con cui ha parlato telefonicamente (il quale, tra l’altro, dichiara che non c’è stata nessuna pressione da parte del premier), e che viene accusato di istigazione alla prostituzione di una minorenne, che dichiara che tra lei e il premier non solo non c’è stato nessun rapporto sessuale, ma che lei dal premier è stata solo aiutata. Dicevamo che le accuse dipendono dal personaggio. Due parlamentari dell’Idv, Stefano Pedica e Pierfelice Zazzera, in epoche successive, sono andati a letto con una donna dietro promessa di un lavoro. I due, a Bari, sono stati assolti perché l’atto sessuale sarebbe avvenuto con il consenso della donna stessa. Dunque, lo scambio di presunti favori per il premier è ritenuto un reato, per i suoi avversari un atto di libera scelta. Per la cronaca, la donna, dopo essere andata a letto con tutti e due, non ha ottenuto nessun lavoro. Si dice che bisogna aver fiducia nella giustizia, ma la domanda è se ci si può fidare di una giustizia che fa indagini pasticciate, che inquina le prove, che esegue rilievi dopo settimane dalla scoperta di un cadavere (il luogo di ritrovamento del cadavere di Yara non fu posto sotto sequestro, sicché la folla che visitò il luogo cancellò tracce e indizi), che manipola i rilievi, che giudica sulla base dell’appartenenza politica, sulla condizione sociale e, perché no?, sulla base della simpatia. Ecco allora che si capisce perché la fiducia nella giustizia in Italia è a livelli bassissimi. [email protected]