Sabato sera, dopo una dolorosa malattia che lo aveva colpito negli ultimi mesi, ci ha lasciato Leo Zanier. Avrebbe compiuto ottantadue anni tra qualche mese.
E’ difficile riassumere in poche parole la vita e l’opera di Leo. E’ difficile perché molti di noi erano legati a lui da grande amicizia, ed i sentimenti giocano sempre brutti scherzi, ed è difficile perché Leo fu molte cose insieme: poeta, militante politico e sindacale, educatore, animatore culturale.
Nei commenti pubblicati subito dopo l’annuncio della morte, ognuno mette in luce uno o l’altro degli aspetti della sua personalità: Debora Serracchiani, Presidente della Regione Friuli ha salutato in lui il poeta in lingua furlana, colui che, tra l’altro, meglio di ogni altro ha descritto in forma poetica l’emigrazione italiana del dopoguerra. Susanna Camusso, Segretaria Generale della CGIL, ha ricordato sia il fondatore e il presidente dell’ECAP Svizzera, sia il sindacalista impegnato per la tutela e i diritti dei migranti. La particolarità di Leo era, però, di essere tutto questo contemporaneamente, di non scindere le sue funzioni e le varie parti della sua attività.
E’ stato questo suo carattere poliedrico che, a cavallo tra gli anni sessanta e settanta, l’ha portato a credere e investire nell’importanza della formazione degli adulti come strumento di emancipazione e di liberazione dei lavoratori e delle lavoratrici, di conquista e difesa dei propri diritti, creando l’ECAP in Svizzera. Era l’epoca di Schwarzenbach, gli anni in cui Leo era un dirigente delle Colonie Libere, di cui fu il primo presidente comunista, e in cui contribuiva ad organizzare l’emigrazione italiana per resistere all’ondata di xenofobia. Basti pensare a cosa significò allora il convegno di Lucerna, agli inizi degli anni settanta, e la nascita del Comitato Nazionale d’Intesa. L’atmosfera di quei giorni è raccontata molto bene dalle immagini dell’archivio della RSI, raccolte qualche anno fa in un bel documentario di Giovanna Meyer.
A partire da quel momento Leo è stato un educatore, un formatore, di straordinaria fantasia: un educatore sui generis, ha scritto qualcuno. E’ stato così proprio perché per Leo non c’era barriera tra formazione, animazione culturale e militanza. E’ stato così all’origine e lo è stato ancor di più quando è tornato da Roma, più abituato alle sconfitte, forse più saggio, ma non meno fantasioso. Ed è stato questo aspetto che ha affascinato generazioni di giovani e meno giovani, prima italiani e svizzeri, poi sempre più di varie nazionalità, che hanno scelto di lavorare e di militare con lui e di realizzare se stessi scegliendo la solidarietà e l’impegno per i diritti e l’emancipazione dei migranti.
Leo emergeva tra i vari dirigenti della sinistra italiana all’estero,perché pensava in grande. Pensava in grande non in termini quantitativi, ma senza barriere, senza porsi, e soprattutto senza lasciarsi porre, limiti, senza lasciarsi chiudere in un recinto e senza accettare mai la logica del ghetto. Basti pensare ai progetti avviati dall’ECAP sotto la sua Presidenza nel corso degli anni novanta. Dall’intuizione del Progetto Frontalieri, in cui a seguito di un accordo tra sindacati e istituzioni formative di qui e di là dal confine, prese avvio un’attività che ha portato a formare più di mille muratori e che continua nel tempo. La scelta di puntare alla formazione dei lavoratori dei lavoratori impiegati nella nuova galleria del Gottardo, e di andare a Calais per studiare come fare, proiettò invece l’ECAP dentro il progetto svizzero del secolo. Vennero poi gli accordi con i sindacati portoghesi e spagnoli e l’allargamento delle attività della Fondazione ai migranti di tutte le nazionalità, fino a farne uno dei più grandi enti di formazione di questo paese. Contemporaneamente Zanier era incaricato dall’UE di essere il coordinatore dei progetti di lotta contro la povertà in Italia.
In tutte queste attività Leo è stato capace di coinvolgere e motivare le persone più disparate e più diverse, tenendo insieme anche gli opposti. Era un grande “coniugatore di persone”. Collaborò per anni con il sociologo Aldo Bonomi nel progetto “Emigrazione come risorsa”, uno slogan più attuale che mai, per lo sviluppo economico delle regioni del Sud attraverso la cooperazione con le comunità emigrate in Svizzera, Francia e Germania.
Dopo il ritorno da Roma, dove aveva diretto l’Ufficio Studi dell’ECAP nazionale e Leo ha quasi subito ripreso la Presidenza dell’ECAP, lasciandola di sua volontà dopo diciassette anni e dopo averla permeata del suo gusto per la sperimentazione, la discussione, l’innovazione e la ricerca culturale da un lato, dell’idea della formazione come militanza dall’altro.
Ecco Leo, è stato un dirigente autorevole e non autoritario, libero e liberale con gli altri. E’ stato un punto di riferimento dentro e fuori le organizzazioni in cui ha militato e ha diretto.
A Leo va la gratitudine di tutte le persone che hanno avuto il piacere di collaborare con lui, di impegnarsi per la stessa causa percorrere un pezzo di strada insieme.
Guglielmo Bozzolini