Presidenti e capi di governo a Dallas al museo-biblioteca eredità storico-politica degli otto anni della presidenza Bush figlio
Vi immaginate Dini, Prodi, D’Alema, Amato, Berlusconi (gli ultimi cinque presidenti del Consiglio), ritrovarsi tutti insieme a conversare amabilmente magnificando l’iniziativa di uno di loro, cioè un museo-biblioteca che illustra l’opera di uno di loro? In un Paese come l’Italia, dove l’avversario è un nemico da demonizzare, certamente sarebbe impensabile; negli Usa, invece, dove l’avversario è solo un avversario ma comunque il presidente degli Stati Uniti di un determinato periodo, sì, non solo lo si può immaginare, ma è accaduto la settimana scorsa.
Si sono ritrovati insieme Carter, il più anziano, George Bush padre, Bill Clinton, George W. Bush (figlio) e Barack Obama, l’attuale presidente, con le rispettive consorti. Il luogo era Dallas, il motivo l’inaugurazione della Library, il museo-biblioteca dedicato al 43esimo presidente degli Stati Uniti e alla sua eredità storica e politica degli anni in cui ha guidato il Paese.
Siccome diverse sono state le politiche di ognuno di loro (erano tre esponenti democratici e due repubblicani), diverse anche sono le opinioni di ognuno su ciascuno di loro, dello stesso o del partito avverso, ma ciò non toglie che se la cronaca li può dividere la storia – la storia del loro Paese – li accomuna nel rispetto e nel giudizio degli eventi che li hanno visti protagonisti. Altra mentalità, altra cultura, altra dignità del proprio e del ruolo di ciascuno. Sono, infatti, tutti presidenti degli Stati Uniti d’America, cioè ognuno è stato “il mio e il nostro presidente”.
Vediamo cosa ha detto l’interessato: “Abbiamo ridato la libertà ad interi popoli, abbiamo liberato interi popoli dalla dittatura, I venti soffiano a destra o a sinistra, i sondaggi salgono e scendono. Ma io resto sempre convinto che gli Stati Uniti hanno il dovere di diffondere la conquista delle libertà nel mondo (…) Resterò sempre convinto che i giorni migliori del nostro Paese sono quelli che devono ancora venire”.
Ed ora vediamo quello che ha detto Barack Obama: “Tutti i presidenti hanno cercato di fare del loro meglio, nell’interesse del Paese. Vedere quel megafono con cui parlò ai soccorritori davanti ai resti delle Torri Gemelle ci ricorda la forza che è riuscito a dare al Paese mentre eravamo sotto attacco di chi voleva distruggere il nostro modello di vita”.
George Bush figlio e Barack Obama non si sono scontrati direttamente alle elezioni, perché il primo non poteva candidarsi dopo due mandati, ma si sono scontrati a distanza sulla politica e su precisi temi politici. Ad esempio, sulla riforma sanitaria, che Obama ha realizzato, su Guantanamo e sui droni, che Obama voleva eliminare ma poi ha ritenuto che non fossero da sopprimere. “Giudicherà la storia”, ha sentenziato Bush figlio, e non può essere che così. “La biblioteca”, ha osservato Laura Bush, “non riguarda una sola persona, ma una nazione e il mondo intero a quei tempi”. Calzante il riferimento “a quei tempi”. Oggi, la guerra di Bush figlio in Iraq è giudicata più o meno un’avventura tragicamente inutile. E’ venuto fuori che le armi chimiche di Saddam Hussein non c’erano e che se si paragona l’Iraq di allora con l’Iraq di oggi, ebbene quello di oggi non molti pensano che sia migliore. Ma allora, specie dopo l’attentato alle Torri Gemelle nel cuore di New York e dell’America, non era così, si viveva nel clima di esportazione del terrorismo e Saddam Hussein, con la strage di cinquemila curdi effettuata con l’uso del gas nervino, era ritenuto un protettore di terroristi. Forse, fra 50 anni, il giudizio storico cambierà di nuovo, in meglio o in peggio rispetto ad ora. I giudizi storici non sono mai definitivi.
Dicevamo che all’inaugurazione, oltre agli ultimi cinque presidenti, c’erano anche molti ex capi di governo di allora ed amici, da Tony Blair a José Aznar e a Silvio Berlusconi, e c’erano anche le rispettive consorti. Negli Usa, Paese della libertà, non di rado la carica di presidente se la sono passata i membri della stessa famiglia: dagli sfortunati Kennedy ai Bush. I commenti più informati parlavano della riconciliazione della famiglia Bush con il Paese e del lancio, fra quattro anni, del terzo Bush, Jeb Bush. Se sarà vero è difficile dirlo adesso, mancano ancora quasi quattro anni, ma all’inaugurazione della Library c’era la probabile candidata dei democratici, quella Hillary Clinton che per otto anni è stata first Lady, che negli scorsi quattro anni apprezzata Segretario di Stato (ministro degli Esteri) del primo mandato di Obama e che fra quattro anni, salute permettendo, sarà la probabile presidente degli Stati Uniti d’America, la numero 46. A ipotizzarlo è stato lo stesso Bush figlio quando, parlando della eventuale candidatura di suo fratello, ha esclamato scherzando: “Immaginate che foto fantastica farebbe con Hillary!”. Ne riparleremo fra quattro anni.