Il Ministero delle Pari Opportunità ha commissionato uno studio – non un sondaggio, evidentemente impossibile – ma uno studio all’Istituto Piepoli sul numero delle donne immigrate in Italia che hanno subito mutilazioni genitali.
Lo studio è stato condotto da un’equipe di medici, psicologi, mediatori culturali ed esponenti di associazioni femminili che si sono rivolti direttamente alle donne. Il risultato è che in Italia vivono centodiecimila donne provenienti da Paesi dove si praticano le mutilazioni genitali.
Tra queste, quelle che hanno ammesso di essere state effettivamente mutilate sono trentacinquemila, anche se il numero è per difetto, in quanto si pensa che tante abbiano avuto difficoltà a confessare ciò che hanno dovuto subire. Altro dato importante: millecento di queste trentacinquemila sono ragazze al di sotto dei diciassette anni.
Per mutilazione sessuale s’intende l’escissione della clitoride e l’infibulazione, pratiche barbare dolorose oltre che psicologicamente umilianti. Le regioni in cui risiedono più donne con i genitali mutilati sono in ordine: la Lombardia con il 35% (14 mila su 40 mila residenti), il Veneto con il 14% (4.600 su 15 mila residenti), l’Emilia Romagna con il 13% (4.245 su 14 mila residenti), il Lazio con il 10% (4 mila su 11 mila residenti). Seguono altre regioni con percentuali più basse. I Paesi dove si praticano le mutilazioni si trovano nella stragrande maggioranza in Africa (28 Paesi). Ecco una classifica dei Paesi dove le mutilazioni sono più diffuse: Guinea (99%), Burkina Faso e Mali (92%), Egitto e Sudan (90%), Eritrea (89%), Etiopia (80%), Mauritania (71%), Costa d’Avorio (45%).
Si stima che siano tra 2 e 3 milioni le bambine e le donne che ogni anno subiscono mutilazioni genitali nel mondo e che ad essere mutilate siano 130 milioni.
Ritornando allo studio condotto sulle donne immigrate, esso è stato commissionato perché in realtà si sapeva che questa pratica esisteva, ma non s conosceva la sua reale dimensione. Dunque, si voleva conoscere l’entità del fenomeno in vista della costituzione di commissioni che approntino progetti di assistenza ai genitori di bambine immigrate che frequentano le scuole.
Il dato prima riportato, oltre che essere al di sopra delle aspettative, sta a indicare che questa pratica, diffusa e dolorosa, viene eseguita nel nostro Paese al di fuori delle strutture ospedaliere. In poche parole, le mutilazioni vengono eseguite da gente che ha imparato a farlo da altra gente, certamente non medici o paramedici.
In sostanza, è come se per cavare un dente non ci si rivolgesse ad un dentista ma a una persona qualsiasi che lo fa perché lo ha visto fare. una pratica molto pericolosa.
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